Scritto da Ludovica Lancini

Pubblicato il 11/06/2020

Parlando di Evangelion si rischia spesso di cadere nella convinzione che sia “un cartone animato giapponese in cui robottoni combattono tra di loro”, ma fortunatamente non è solo questo. Si tratta in realtà di quello che viene definito il più grande successo internazionale dello studio di animazione Gainax, noto anche per opere come Nadia – Il mistero della pietra azzurra e i più recenti Sfondamento dei cieli Gurren Lagann e Panty & Stocking, nonché pietra miliare dell’animazione giapponese. Nel corso degli anni, dopo la sua uscita in Giappone il 4 ottobre del 1995, il cui adattamento italiano approderà su MTV il 12 dicembre del 2000, arriverà ad essere definito un movimento sociale. Questo perché per l’uscita del film The End of Evangelion (1997), che venne realizzato come tentativo di dare una conclusione effettiva alla serie televisiva stessa, che aveva avuto un epilogo definito da molti “sconclusionato” e “incomprensibile”, il pubblico rimase accampato in attesa dal giorno prima, formando una coda interminabile. Molto famose sono le critiche agli ultimi due episodi (25 e 26), realizzati senza più fondi, veri e propri collage di frame precedenti e disegni che sembrano realizzati da dei bambini. Nonostante risultino quasi deliranti, da molti vengono invece considerati il finale perfetto per quest’opera, folle già in partenza.

Un esempio di frame degli ultimi episodi della serie

Diventa un fenomeno culturale, un’effettiva leggenda, nonostante i film successivi a The End (il quarto capitolo doveva approdare
nei cinema giapponesi a fine giugno, ma è stato rimandato nuovamente a causa dell’emergenza) vengano presi da alcuni con molta freddezza e distacco.
Vista la difficoltà di lettura di Evangelion sono state proposte molte ipotesi o teorie (soprattutto da parte dei fan), e risulta infatti molto complesso riuscire ad elaborare una sintesi della trama, in cui non-detto e mistero si sovrappongono continuamente. In un futuro distopico colpito da un cataclisma (Second Impact) che ha portato all’estinzione di gran parte del genere umano, l’unica speranza di difesa contro gli “Angeli”, giganteschi e misteriosi robot apparsi dopo il Second Impact e provenienti da una realtà extraterrestre che lanciano attacchi periodici alla Terra utilizzando armi biomeccaniche letali, sono gli “Evangelion”, enormi robot umanoidi creati per la difesa degli esseri umani dall’associazione segreta “Nerv”.

Il Second Impact

Le uniche persone in grado di pilotarli sono i giovani quattordicenni sopravvissuti alla tragedia, le cui vicende personali sono, almeno per i primi 12 episodi, il fulcro della narrazione. Si tratta di ragazzi molto diversi tra di loro, enigmatici, che si relazioneranno spesso gli uni con gli altri in maniera non del tutto “sana”. Uno dei personaggi più profondi, e spesso più odiati, è il protagonista, Shinji Ikari. La madre scomparsa quando era ancora molto piccolo, il padre assente a causa del ribrezzo che prova nei confronti del figlio, per la somiglianza con la moglie, e per gli impegni che deve rispettare come capo della Nerv, segnano il carattere di Shinji. Il concetto di “mecha” (abbreviazione della parola latina mechanica, meccanica, usato per definire i numerosi robot presenti in opere di fantasia giapponesi) viene infatti utilizzato come affermazione adolescenziale o addirittura fantasia di onnipotenza, fino ai suoi sviluppi più cupi. Shinji sarà obbligato a pilotare l’”Eva”, più volte fuggirà dai suoi doveri, ma tornerà sempre indietro e sempre combatterà, spesso con rabbia ed estrema violenza, arrivando più volte a spaventarsi e pentirsi delle proprie azioni. Gli “Eva” vengono rappresentati come se non fossero delle macchine, ma quasi dei secondi corpi, a cui bisogna adattarsi e conformarsi. Nel “mecha design” di Ikuto Yamashita vengono infatti raffigurati con delle forme vicino all’anatomia umana, ma con un taglio prettamente tecnologico, tipico del “car design”. Ne è complementare la riproduzione degli “Angeli” ideata da Maeda Mahiro, eleganti ma dotati di spaventosa forza omicida.

Una delle rappresentazioni degli Angeli in Evangelion


Evangelion va però oltre la solita concezione di anime robotico, toccando elementi molto più complessi.
L’autore, Hideaki Anno, arriva a inserire riferimenti religiosi, spesso trattati in maniera quasi blasfema, cabalistici, buddhisti e addirittura junghiani, con la complessa teoria degli archetipi dell’inconscio collettivo (l’obiettivo del “perfezionamento del genere umano” di cui si sentirà parlare più volte nell’anime). Anche se, per rimanendo ancora un attimo su Carl Gustav Jung, non esiste una prova materiale che attesti ne l’influenza (benché numerose fonti sembrino confermare la tesi di fondo). Nonostante questo, in un’altra opera realizzata da Anno, Punta al Top! GunBuster, uno dei personaggi (che da molti viene associato ad Asuka, una delle problematiche protagoniste di Evangelion) prende il nome di Jung Freud, scelta sicuramente non casuale. Infatti, un altro elemento filosofico presente in Evangelion, è la “teoria del porcospino”, concetto ideato dal filosofo tedesco Arthur Schopenhauer e entrato poi a far parte della psicanalisi quando venne adottato proprio da Sigmund Freud. Viene spiegato esplicitamente nel terzo episodio, parlando del mancato rapporto tra Shinji e i suoi nuovi compagni di classe, accompagnato dalla canzone Hedgehog’s Dilemma, composta da Shiro Sagisu. Questo concetto afferma che più due individui si avvicinano tra loro, più mettono a rischio la propria incolumità, elemento da cui deriva il legame con il porcospino, animale solitario a causa della propria natura. Nel momento in cui si dona la propria fiducia ad un’altra persona, qualsiasi cosa spiacevole che si possa verificare finirebbe inevitabilmente per colpire entrambi, generando problemi sempre maggiori. Da qui il tentativo di Shinji di isolarsi.

Di riferimenti di questo genere ce ne sono moltissimi (il concetto di malattia mortale di Kierkegaard ne è un altro esempio, rappresentato nella disperazione che trova soluzione ultima nella fede), tanto che da alcuni viene definito un vero e proprio trattato filosofico. Anche l’interesse per la psicanalisi (viene per esempio citato lo stadio orale dello sviluppo del bambino secondo Freud, così come il contrasto tra eros e thanatos e quello tra libido e destrudo) è fondamentale, perché il regista stava attraversando un periodo di profonda depressione che si riflette su tutta l’opera, segnandola profondamente. Diversi, sempre legati a stati emotivi negativi, anche i riferimenti all’arte, primo tra tutti a Uomo sulla sedia di Van Gogh, visibile all’inizio del venticinquesimo episodio, con Shinji che, disperato, si dispera nel senso di colpa. Questa scena, tra l’altro, segnerà l’inizio del folle flusso di coscienza e del conseguente baratro in cui lo spettatore cade in questi ultimi due episodi.

Uomo sulla sedia di Vincent Van Gogh


Già dal titolo (letteralmente tradotto Il vangelo del Nuovo Secolo) si può notare il riferimento religioso costante nella serie. Si può osservare nei plurimi riferimenti al Vangelo, nelle figura di Adamo e Lilith, nei nomi stessi degli “Angeli”. Il simbolo della “Nerv” (con il famosissimo verso di Robert Browning God’s in his Heaven, all’s right with the world) è una foglia di fico, l’unico indumento utilizzato da Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden. Allo stesso modo l’Albero della vita, che appare nella sigla così come nell’ufficio di Gendo (il padre di Shinji), si rifà alla tradizione cabalistica con i suoi dieci centri energetici e i ventidue sentieri che li collegano tra di loro, creando le “Vie della Saggezza”.

Rappresentazione grafica dell’Albero della Vita


Avrete sicuramente notato quanto sia complesso parlare di Evangelion in maniera lineare e quanti spunti interessanti possa offrire. Essendo un anime di nicchia all’interno di un contesto già di per sé di nicchia, non credo ci sia altro da fare se non buttarcisi a capofitto e sino al baratro finale.