Scritto da Ilaria Ingenito

Pubblicato il 20/11/2020

Nel 2018 esce in sala La Favorita diretto da Yorgos Lanthimos. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, il film ottiene la Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile e il Gran Premio della Giuria; pochi mesi dopo, La Favorita conquista non solo i British Independent Film Awards,  ma fa incetta di premi sia ai Golden Globes  che agli Oscar.

All’interno della filmografia di Lanthimos, La Favorita è un caso unico: per il regista si tratta del primo film in costume, ma allo stesso tempo manca per la prima volta il tipico elemento surreale presente in titoli come The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017).  Il caso unico vale anche per la sceneggiatura, infatti il regista greco questa volta non lavora ad un proprio script ma dirige un soggetto firmato da Tony McNamara e Deborah David. Tuttavia, l’abilità di Lanthimos come regista, ci restituisce un’opera moderna e affascinante.  Costumi, colonna sonora, fotografia e scenografia permettono non solo di entrare nella corte inglese del XVIII secolo, ma riportano la riflessione che il regista sembra avere più a cuore, quella sul potere. Al centro della vicenda, troviamo una sorta di triangolo: da un parte la vulnerabile e malata di gotta regina Anna Stuarda (magnificamente interpretata da Olivia Colman) e dall’altra Sarah Churchill (Rachel Weisz) e la giovane Abigail (Emma Stone).

Gli intrighi di corte, resi spesso con tratti grotteschi, si inseriscono all’interno di un contesto storico ben preciso: a livello internazionale quello della guerra di successione spagnola, mentre in Inghilterra nascono all’interno del Parlamento le fazioni tories e whigs. Questa situazione politica mette a dura prova la fragile Regina, che anche a causa della malattia e dei numerosi aborti, è da tempo oggetto delle attenzioni della Duchessa di Marlborough, Lady Sarah, ormai divenuta sua amante e consigliera fidata. Questo equilibrio viene interrotto dall’arrivo di Abigail, giovane nobile finita in disgrazia e che, una volta arrivata a corte, riesce rapidamente a conquistare i favori dell’instabile Regina Anna.  Questa trama, basata soprattutto sui giochi di potere che Lady Sarah e Abigail devono portare avanti per sopravvivere, viene sostenuta dai reparti del film forse più eccellenti: i costumi, la colonna sonora, la fotografia e la scenografia insieme al carisma delle attrici, in ogni scena, riescono a stupire ed affascinare lo spettatore. In queste componenti emerge anche al meglio la riflessione di Lanthimos sul potere, spesso a livello visivo risolto in un dualismo manicheo. 

La maggior parte dei costumi delle protagoniste è basata sulla dicotomia tra bianco e nero. Un’altra coppia di opposti è quella del genere, infatti in questo caso si può assistere ad un vero e proprio ribaltamento: qui sono le donne che tirano i fili del potere, mentre solo gli uomini vengono rappresentati truccati e con ricercate parrucche. 

Tuttavia si potrebbe fare un passo successivo e vedere come il potere viene declinato nelle protagoniste femminili: Lady Sarah con la sua coscienza politica viene opposta all’arrampicamento sociale di Abigail. Persino il brano Didascalies della colonna sonora, sottolinea queste costanti dicotomie, essendo basato principalmente su due note che vengono ripetute in modo quasi ipnotico.  Anche le scenografie sostengono questa riflessione sul potere, infatti Lanthimos dirige le sue scene all’interno dei luoghi principali del potere politico dell’epoca: la Corte e il Parlamento.

La Favorita è un film tecnicamente ben eseguito e ricco di riflessioni interessanti che richiama, come spesso accade nelle opere di Lanthimos, il cinema di Kubrick. In questo specifico caso il collegamento con Barry Lyndon (1975) risulterà evidente ai più esperti, che rivedranno in Abigail proprio Barry nella sua scalata sociale. Tuttavia, Lanthimos sottolinea un aspetto interessante mostrando allo spettatore come l’inizio della scalata sociale di Abigail coincida con la necessità di leggere moltissimi libri, perché in fondo la libreria non è forse il luogo di potere più importante?