Estate significa torpore, quiete e riposo. Una pausa dalla frenesia del mondo caotico in cui viviamo, un momento per distaccarsi dalla vita mondana, dedicandosi alla più totale spensieratezza. Una stagione che senz’altro suscita emozioni positive in molti, un istante che stimola la nostra fantasia e ci permette di godere di quei banali attimi di quotidianità che altrimenti daremo per scontati. Le lunghe giornate di sole e il tempo che scorre lento, tra risate, amori e sogni da realizzare, accendono i colori della vita e risvegliano la nostra anima intorpidita. In questo periodo così colmo di emozioni, la ricerca di un film che colpisca diventa essa stessa indimenticabile: come una perla rara che si nasconde tra le acque dei mari più misteriosi, un film deve saperci trasmettere le emozioni che cerchiamo, sorprenderci e regalare un’esperienza indimenticabile, che riesca a rendere questi giorni intensi, avvolti da un cielo tinto di sfumature dorate, essi diventano un’occasione per accrescere il nostro repertorio cinematografico.

Di recente,  mi sono imbattuto in un film che finora avevo trascurato, ma che senza ombra di dubbio è riuscito a farmi riflettere in modo profondo e inaspettato. Beach Rats, diretto dalla regista newyorkese Eliza Hittman, mostra già nelle prime scene il personaggio principale, Frankie, un ragazzo che si potrebbe, a tutti gli effetti, considerare un privilegiato: nonostante non provenga da una realtà particolarmente abbiente, il protagonista ha una famiglia che lo mantiene, un gruppo di amici con cui passa i suoi giorni estivi, all’insegna di uscite al luna-park, feste e primi amori. Tuttavia, al di sotto di questa facciata di apparente felicità, si nasconde un enorme disagio interiore: Frankie è costretto a nascondere i suoi sentimenti omosessuali in una comunità maschilista, abbandonandosi al degrado e riducendosi a consumare rapporti occasionali e segreti con uomini adulti, il tutto all’oscuro dei suoi affetti più cari. In un clima estivo all’insegna della spensieratezza e nullafacenza, si viene subito catapultati in una spirale di malinconia. L’estate, con i suoi raggi ardenti e i colori vivaci della natura, suscita un senso di solitudine e malinconia. Una sorta di nostalgia per il passato ed un’ansia persistente nei confronti del presente, che evidenzia la mancanza di contatto di Frankie nei confronti della realtà che lo circonda.

Un film che potrebbe essere definito coming of age, il quale ricalca, come molti altri, quel filone cinematografico che si concentra sulla crescita consapevole di un giovane protagonista, alla ricerca della propria identità. Una ricerca che si contraddistingue per la sua difficoltà nel poter esprimere a pieno la propria sessualità, nascosta all’interno di una gabbia e sepolta negli angoli più remoti della propria mente. In effetti, come già spiegato dalla regista in un’intervista del 2018, il film illustra la miriade di pressioni che il protagonista è costretto ad affrontare per trovare una via d’uscita o, semplicemente, per far sentire la propria voce. Non solo Frankie non ha la possibilità di confessare i suoi sentimenti, ma neppure quella di riflettere su sé stesso, tant’è che viene spinto ad adattarsi alla “normalità” del suo gruppo di amici. Sebbene il film sia ambientato a New York, l’area che frequentano i ragazzi è quella di Gerritsen Beach, una zona di Brooklyn abitata per la maggioranza da comunità di origine irlandese, dunque cattoliche. La forte morale tradizionalista risuona, in modo evidente, come sottofondo per tutto il film e rende la vera espressione del sé quasi un tabù insormontabile. 

Ed ecco che la nostalgia estiva si dispiega davanti a noi come il riflesso del presente. La malinconia si insinua nell’animo come una brezza soave, una carezza delicata che evoca i ricordi di un’infanzia nostalgica, ormai sepolti nel passato. La famiglia diviene la testimonianza di una vita vissuta con intensità e passione, di un volto che ha conosciuto la bellezza e la tristezza dei momenti più intimi di condivisione: la malattia terminale del padre, che sembra aver segnato profondamente il protagonista, così come le attenzioni della madre, tramutatasi in un ossessione per il malessere interiore del figlio o, addirittura, il rapporto conflittuale con la sorella minore. Beach Rats riesce a sorprendere per la sua capacità di raccontare la malinconia ed il disagio interiore della crescita di ognuno di noi. L’apatia e l’impulsività, che spingono ad adottare comportamenti pericolosi, e la devianza, che si tramuta in un’incapacità di relazione con gli altri, segnano profondamente Frankie. Il dolore nell’incomunicabilità dei propri sentimenti ci invita a rimanere aperti al mondo, a non chiuderci in noi stessi, e a ricercare sempre nuovi strumenti per affrontare una realtà che, seppur estranea a noi, possa renderci consapevoli e grati di ogni momento della nostra stessa esistenza.

Scritto da Giulio Pierini