Scritto da Dario Ardossi

Pubblicato il 08/12/2020

Quando si inizia a parlare di George Lucas e di Star Wars, sia che ci si riferisca al primo film sia all’intera saga (film, serie tv, fumetti, romanzi, videogiochi e una marea di altra roba), non si può prescindere dalla frase che introduce la maggior parte di queste opere: “Once upon a time in a galaxy far away…”. Certo la si potrebbe ridurre ad una reminescenza fiabesca, un orpello che sta a ricordare gli studi antropologici dei testi di Propp, un meta gioco del suo creatore per dare una connotazione fantasy a quello che, ad un primo acchito, potrebbe sembrare pura fantascienza, ma non è così, la galassia lontana lontana si riferisce ad un luogo ben preciso, reale e molto vicino al regista: Modesto, California.

Ingresso della città di Modesto

Attualmente Modesto è una cittadina di medie dimensioni con una popolazione di 200.000 abitanti, ma nel 1962 – alla vigilia di una delle più grosse offensive americane in Vietnam e quando Lucas compiva 18 anni – contava qualche migliaio di abitanti ed era quanto di più lontano si potesse definire un centro culturale. Il giovane George crebbe leggendo fumetti, guardando film di fantascienza, ammirando e costruendo auto da corsa, cercando insomma di fuggirsene il più possibile lontano da lì, se non fisicamente almeno con la mente.

Oltre che per il compimento della maggiore età e la partenza di alcuni amici per il Vietnam, il 1962 fu un anno cruciale per il giovane regista anche perché segnò la fine dei suoi sogni di corridore automobilistico professionista. Per molti altri giovani che vivono nelle sterminate campagne degli Stati Uniti possedere un’automobile e saperla far funzionare è sinonimo di libertà, sinonimo di fuga dall’isolamento dato da spazi immensi. In Lucas questa necessità si era trasformata in una passione che sperava di trasformare in un lavoro con buone prospettive. Quando il padre gli regalò una Fiat Bianchina con cui potersi spostare, Lucas si impegnò per modificarla e renderla un mezzo veloce; e una delle modifiche che fece gli salvò la vita, sostituì le cinture di sicurezza con delle cinture da gara. Quando, durante un semplice rientro a casa, un’auto andò addosso a quella del giovane, le cinture si spezzarono e fu sbalzato fuori dal cruscotto rimediando ferite che lo tennero quattro mesi in ospedale, ma l’auto fu completamente schiacciata.

Rinunciando completamente alla carriera automobilistica, George decise di approfondire la sua passione per la fotografia e il cinema, e su consiglio di un amico si iscrisse alla USC (University of Southern California), lì cercò di arruolarsi diverse volte per andare in Vietnam, ma venne respinto. Quindi si concentrò sul cinema, e grazie all’amicizia con Francis Ford Coppola (uno a caso) e il successo del suo primo cortometraggio, Electronic Labyrinth: THX 1138 4EB, fondò la American Zoetrope – poi diventata di proprietà esclusiva di Coppola. Assieme i due produssero l’adattamento a lungometraggio del corto, fu un fallimento totale.

George Lucas e Francis Ford Coppola

Nel 1971, Thx 1138, titolo della versione “feature film”, arrivava in un decennio nel quale la fantascienza intellettuale aveva soppiantato e messo in secondo piano la fantascienza avventurosa (grazie al successo di 2001 a Space Odissey” e ne aveva tutti i pregi e difetti. Lucas creò un’opera in bianco e nero, ispirata ad Orwell, lenta e lontana dalla sensibilità statunitense, tant’è che in seguito sarà parzialmente rivalutato dalla critica europea.  L’insuccesso del film creò una frattura tra Coppola e il giovane cineasta, che inaugura una sua propria compagnia la Lucasfilm; per tentare di sanare almeno le questioni economiche i due co-produssero un ultimo film: American Graffiti.

La pellicola, anche se cambiava i nomi dei personaggi, era un film con molti elementi autobiografici oltre che un atto d’amore nostalgico per gli anni 50 e la fine della Golden Age degli Stati Uniti. Ambientata a Modesto nel suddetto anno fatidico della vita del regista, l’opera racconta l’ultima notte di spensieratezza di un gruppo di giovani liceali, molti dei quali partiranno poi per il Vietnam e altri dovranno rinunciare ai loro sogni per una vita di provincia. L’alter ego di Lucas (interpretato da Ron Howard, futuro RIcky Cunningham della serie Happy Days e ancora dopo regista di successo) rimaneva nel paese con la speranza di andarsene in futuro pure lui.

Ora, se siete arrivati fino qui a leggere e avete visto Star Wars anche solo una volta nella vita, probabilmente avrete già raccolto le briciole che vi ho lasciato e capito dove sto andando a parare. Se invece non lo avete mai visto permettetemi di riassumere qui la premessa del film come venne realizzato infine (dopo infinite riscritture e tagli di elementi assurdi e più disparati) nel 1977: “Un contadino che abita in un pianeta desertico ai confini di una galassia sterminata scopre di essere destinato a combattere e rovesciare l’oscuro Impero che la opprime”

Luke Skywalker, il nome del protagonista della prima trilogia di Star Wars, definisce Tatooine – il pianeta su cui vive – con queste parole: “se c’è un centro luminoso nell’universo, sei sul pianeta che ne è più lontano”. In questa frase è raccolta tutta la sua amarezza, il senso di abbandono. Tutti i suoi amici sono partiti, chi arruolato nell’Impero chi a combattere nella resistenza contro di esso, tutto quello che gli rimane sono interminabili giorni di lavoro nella fattoria di famiglia e le corse con i mezzi truccati. Quando l’avventura busserà alla sua porta partirà molto volentieri.

George Lucas e Mark Hamill

Sotto quella patina di pianeti desertici, creature bizzarre, stregoni di antiche religioni quasi dimenticate e astronavi si raccolgono tutte le passioni di George Lucas, dall’antropologia ai fumetti di Flash Gordon, i film orientali di samurai, i film classici di guerra, le auto truccate della sua giovinezza (l’astronave Millennium falcon di Han Solo e Chewbacca, costantemente in riparazione e modifica, che è la più veloce della galassia a dire del suo proprietario), ma soprattutto si nasconde la sua voglia di scappare da quel paesino di provincia che gli stava tanto stretto. Fuga riuscita con successo, che lo portò ad incontrarsi con altri grandi “ribelli” come Coppola, Milius, Spielberg e tanti altri con cui contribuì a formare la “New Hollywood”. Ma questa è un’altra storia per un sequel o per un prequel o uno spin off.