Ma se dico Bartholomew Cubbins, sapete di chi parlo? Non molti conoscono l’identità che si cela dietro questo pseudonimo, che però non nasconde un volto sconosciuto, anzi. Che lo amiate o lo odiate, Jared Leto può essere considerato uno degli artisti contemporanei completi, anche se non mi lancerò nel “alla stregua di…” se no, giustamente, mi fucilate. Quando Leto inizia a cimentarsi nella regia dei videoclip dei Thirty Seconds to Mars, sceglie di firmarsi con un nome diverso, che lo nasconda, ma che al tempo stesso crei stupore e curiosità. Cubbins viene usato quindi solamente per il Leto regista, che al momento si limita a una serie di video realizzati tra il 2006 e il 2014. L’epiteto originariamente appartiene ad un personaggio immaginario protagonista di una serie di libri per bambini, scritti da Theodor Seuss Geisel. Bartholomew cela, inoltre, un significato religiosamente importante, in quanto nome di uno dei dodici Apostoli di Gesù e di uno degli arcangeli lasciati sulla terra per combattere nell’apocalisse. Jared Leto ha un ego spropositato, quindi la scelta di questo pseudonimo nasconde molteplici significati. 

Jared Leto durante il Met Gala del 2019

Leto ha rivestito diversi ruoli nel corso della sua carriera; oltre ad essere il frontman e cantante dei Thirty Seconds to Mars, lo ricordiamo per le sue apparizioni al Met Gala in coppia con Alessandro Michele mentre porta con sé una copia della sua testa mozzata, come premio Oscar nei panni di Rayon in Dallas Buyers Club, come il biondino che le prende di santa ragione in Fight Club o come Paul, consulente finanziario che viene brutalmente ammazzato da Patrick Bateman nel primo raptus di follia omicida in American Psycho, solo perché, gli era stato mostrato un bigliettino da visita più curato e particolare del suo. Tra Niander Wallace in Blade Runner 2049 di Villeneuve e Paolo Gucci in House of Gucci di Scott, le trasformazioni continuano anche oggi, così come le collaborazioni con grandi registi. 

Jared Leto nei ruoli più iconici

Ma torniamo a Bartholomew, il quale nacque quasi per gioco nel 2006, quando i Thirty Seconds to Mars decisero di realizzare il videoclip di The Kill. In occasione di un comunicato stampa, ha dichiarato che a dirigere il video è stato un “albino danese follemente odioso” di nome Bartholomew Cubbins. In seguito, ha spiegato la sua decisione di dirigere con uno pseudonimo dicendo: “Volevo davvero che le persone fossero in grado di godersi e sperimentare il video senza avere altri preconcetti o distrazioni, e lasciare che fosse quello che era. Non era importante per me rivendicarlo in quel modo”. Il video fu un successo e replicava alcune delle scene più famose dello Shining di Kubrick, dall’ondata di sangue, alle gemelle nel corridoio, fino alla stanza 6277 in cui non devono assolutamente entrare, ma in cui entreranno (la 217 del romanzo di King e la 237 nel film).

Alcune clip del video di The Kill

Lo stesso anno Cubbins diresse il video di From Yesterday, accompagnato da quattrocento soldati cinesi e ben venti cavalli. Tra luci intermittenti, abiti tradizionali e la perla nera di saggezza in bocca ad una donna trovata morta nel suo letto, Jared si imbatte in maschere argentate dal naso lungo, attrezzatura occulta e sacrifici umani. Alla fine del video, i membri della band finiscono per combattere tra loro e contro quattro guerrieri, indossando tutti delle maschere senza poter riconoscere chi è chi. Il video può essere visto come un tributo al film L’ultimo imperatore di Bertolucci, dato che molte inquadrature e scene sono direttamente ispirate al film. Il video è stato girato nella Città Proibita e nel palazzo dell’imperatore Qin, dimostrando anche in questo caso quanto Leto fosse disposto ad investire per raggiungere un grado maggiore di veridicità.

Clip dal video di From Yesterday

Uno dei video più controversi fu però quello di Hurricane, del 2010, ancora una volta sotto lo pseudonimo registico di Cubbins. La storia si dipana in un mondo estremamente violento, in cui i tre musicisti sono perseguitati e attaccati da una serie di figure mascherate note come The Gimps, che li seguono armati di mazze. Il video sembra essere una rappresentazione dei tre percorsi spirituali dell’uomo: quello dell’autocoscienza, in cui l’uomo affronta le proprie paure, quello di coscienza, in cui l’uomo affronta le proprie passioni, e quello in cui affronta il mondo ultraterreno. Racconta tramite una serie di immagini e scene che non vogliono nascondere nulla,  dell’amore nelle sue sfumature violente, del sesso caratterizzato da sadismo, dominazione e sottomissione. Il bondage è una componente fondamentale del video e si insidia in maniera intermittente tra più scene, tra vestiti in pelle lucida, frustini e maschere di coniglio. Il video è stato censurato, non solo su YouTube, ma anche dalla stessa MTV, che ai tempi però non si lasciava scappare le trasmissioni dei vari Jersey Shore, senza porsi grandi problemi. 

Clip dal video di Hurricane

Cubbins non si lascia abbattere e nel 2013 dirige un video diverso, che si discosta dallo stile e dai temi affrontati nei precedenti. Accompagnato da diverse personalità, tra cui la ballerina di burlesque Dita Von Teese e la ginnasta McKayla Maroney, Leto realizza un cortometraggio dalla durata di otto minuti. La diversità dei partecipanti al video (umani e non) suggerisce che l’unica somiglianza tra tutti è la bellezza che offrono. Gli atleti e i performer mostrano i loro mestieri come gli animali offrono i colori e i disegni visibili sulla loro carne. Alla fine del video si lanciano polvere colorata l’un l’altro, come a celebrare il loro fascino esteriore. Il montaggio rende il cortometraggio degno di nota. Le immagini si muovono rapidamente e le scene si invertono in una sorta di caos organizzato.

Jared Leto e Dita Von Teese nel video di Up in The Air

Scritto da Ludovica Lancini