Scritto da Viola Quagliaroli

Pubblicato il 13/07/2020

“Ho imparato che niente cambia, che tutto resta uguale, che l’arcolaio ruota, giro dopo giro. Un destino tessuto insieme al prossimo, un filo rosso come il sangue che intreccia tutte le azione. I nodi non si possono sciogliere, si possono tagliare, lui ha tagliato il nostro con una lama affilata, alle sue spalle è rimasto qualcosa di innato, un nastro invisibile, ma certe notti lui lo tira e mi sveglio spaventata e so che niente se ne va, tutto resta immutato.”

Vi è mai capitato di chiedervi cosa succederebbe se poteste tornare indietro nel tempo e scuotere “il giovane voi” per convincerlo a fare scelte diverse, cosa cambierebbe nella vostra vita se quel giorno lontano della vostra adolescenza aveste fatto A invece che B e come questo avrebbe cambiato il vostro presente e influenzato il vostro futuro. Beh, ecco, agli sceneggiatori di Dark, serie tv tedesca originale Netflix (2017-2020), è sicuramente capitato di porsi queste domande e forse ci hanno riflettuto anche più del dovuto

Baran bo Odar e Jantje Friese, i creatori della serie, infatti, ne hanno basato la trama sul principio di autocoscienza: alcuni personaggi sono in grado di viaggiare nel tempo, ma non sono tuttavia in grado di modificare il loro destino né quello degli altri; il passato è immutabile e perciò la volontà dei singoli risulta piegata al procedere del tempo e anche quando ci si sposta nel tempo non si può fare altro che assecondare gli eventi per come si sono svolti secondo il “paradosso di predestinazione”. Le vicende narrate in Dark hanno inizio nel novembre del 2019 con la scomparsa di due ragazzi nella cittadina di Winden, piccola località di invenzione, caratterizzata dalla presenza di una centrale nucleare. Le indagini intorno a queste due misteriose sparizioni porteranno a galla i segreti di questa piccola città tedesca, custoditi tra le trame che legano le quattro famiglie che la abitano e attorno alle quali ruota l’intera storia: i Nielsen, i Kahnwald, i Doppler e i Tiedemann.

Baran bo Odar e Jantje Friese, autori e registi di Dark

 Raccontare la trama di Dark è in realtà quasi impossibile, così come lo è trovare una categoria di genere in cui inserire la serie. Essa, infatti, ad un primo sguardo sembra un mistery (una piccola città dove tutti si conoscono ma dove ognuno nasconde un segreto, bambini scomparsi, l’arrivo di uno sconosciuto viaggiatore, l’atmosfera cupa e vecchie rivalità tra le famiglie), ma improvvisamente ecco che arriva l’elemento fantascientifico, in quanto gli avvenimenti attuali presentano pericolose somiglianze con quelli già avvenuti a Winden 33 anni prima. Nel corso della prima stagione si scopre di fatto che i tre piani temporali del 1953, del 1986 e del 2019 sono legati tra loro da una grotta che permette di spostarsi nel tempo (wormhole). Nella seconda stagione poi le vicende si estendono anche nel 1921 e nel 2052, intrecciandosi con la nascita del movimento pseudoreligioso del “Sic Mundus”; mentre nella terza le vicende giungono fino al 1888. Insomma, come potete capire da questo primo fugace sguardo, Dark non è una serie da sottofondo, non la si può guardare mentre si corre sul tapis roulant, mentre ci si fa le unghie o mentre si prepara la cena. Dark è una di quelle serie che ti cattura, ti confonde e ti intriga e per questo necessita di tutta l’attenzione e concentrazione possibile, e, perché no?, anche di un foglio di carta e una biro per annotarsi l’apparente cronologia degli eventi. 

Ciò che rende però Dark una serie imperdibile e di alta qualità è la precisione delle rifiniture. L’attenzione ai particolari in questa serie è di fatto spaventosamente fenomenale. Innanzitutto l’incredibile somiglianza degli attori che interpretano lo stesso personaggio nelle diverse epoche storiche: non solo questi ultimi hanno lo stesso colore di occhi e di capelli, a cui spesso ci si limita per riproporre somiglianze, ma essi hanno anche lineamenti, corporatura e altezza perfettamente similari. Nella terza stagione, poi, questa attenzione maniacale si intensifica con l’inserimento di un secondo mondo, una realtà parallela alla nostra, dove le vicende della piccola Winden si ripropongono in strutture ricorsive, una riproduzione speculare degli eventi già vissuti durante la prima stagione ma compiuti da personaggi diversi in una città che, se è possibile, è ancora più piovosa della precedente, come se ci ritrovassimo per un attimo in enorme deja vu. Per questo motivo forse all’inizio della terza stagione ci sentiamo un po’ spaesati e ci sembra quasi di esserci persi dei pezzi, di non aver assistito ad una parte fondamentale della storia che adesso si giostra non più solo da un tempo all’altro ma, che tutto ad un tratto, ci catapulta pure in un spazio estraneo a quello a cui ormai eravamo affezionati. Ma ecco che gli sceneggiatori e la loro precisione chirurgica non ci deludono, perché alla fine tutto torna, ritroviamo il filo rosso tra gli avvenimenti, ad essere sinceri con un po’ di confusione, ma se si riguarda il tutto attentamente con le nuove informazioni acquisite non ci sono buchi di trama o discrepanze tra la narrazione delle tre stagioni, anche se non a tutte le curiosità e a tutti i misteri viene data una spiegazione. Se non fosse così “che divertimento ci sarebbe?”, come hanno affermato gli stessi creatori della serie. 

Lisa Vicari (Martha) in sessione di trucco

Infine, per i veri precisini come me, ormai stufi di vedere delle produzione dove, dopo aver scalato una montagna o scavato una buca nel deserto, i protagonisti sono ancora incipriati, con la manicure e la permanente del parrucchiere, Dark ci riempie di soddisfazione: i personaggi sanguinano, sudano, hanno le unghie sporche e consumate, i vestiti sgualciti e appiccicosi, i capelli spettinati vittime dell’umidità come quelli di noi comuni mortali. Questa “sporcizia” sembra intensificarsi con il passare degli episodi, così come il meteo sembra peggiorare di pari passo con la crescente drammaticità delle vicende. Sotto questo complesso lavoro di trucco e parrucco si nasconde un cast talentuoso, camaleontico ed in grado di dominare le emozioni per accompagnare il climax della trama, tra cui spiccano il ventitreenne Louis Hofmann, interprete del giovane spaesato e tormentato protagonista Jonas Kahnwald, e la giovane attrice tedesca di origini italiane Lisa Vicari, che presta il volto alla coraggiosa e affascinante Martha Nielsen, eroina della terza stagione.

 E poi, perché no?, io in Dark ci trovo anche una vena poetica nostalgica e psichedelica con la sua palette plumbea e autunnale a cui si contrappongono sfumature al neon in atmosfere post apocalittiche e luci a tratti chiare e tenui per evocare momenti di spensierata speranza. Verso la fine di ogni episodio poi ecco che la narrazione rallenta, appare lo split screen in cui parallelamente i personaggi di due epoche o mondi differenti vanno incontro al loro inesorabile destino, in sottofondo una ballad pop un po’ malinconica sulle cui ultime note lo schermo si allarga nuovamente e così, a pochi minuti dalla fine, accade qualcosa di scioccante e inaspettato, come un post scriptum alla fine di una lettera che fino a quel momento eri convinto di aver letto nel modo giusto, ma che evidentemente non era proprio così… 

In Dark, Einstein, Rosen e Schrodinger abbandonano il mondo del microcosmo e delle ipotesi per lanciarsi nel macrocosmo della realtà e giustificare una trama sorprendente, uno svolgimento molto intricato e imprevedibile, dove luce ed ombra si scontrano in una guerra per controllare il tempo. Una guerra dove inizialmente il potere sembra risiedere nelle mani di un’unica entità segreta e invincibile, che pare manipolare le intricate vite dei personaggi come se fossero burattini, ma dove poi in realtà la matrice di tutte le azioni non è altro che il caro vecchio Amore, forse perché nella vita in fondo è un po’ sempre così. Dark è sicuramente una delle migliori serie di produzione Netflix (eletta “Migliore Serie Originale Netflix” dagli utenti di Rotten Tomatoes), mette d’accordo gli amanti del thriller, del mistero, della fantascienza e del sentimentalismo. C’è tutto: omicidi, rapimenti, complotti, tradimenti, macchine del tempo e congegni per imbrogliare lo spazio, passi della Bibbia, citazioni cinematografiche e una colonna sonora talmente variegata da mandare in crisi persino le categorie di Spotify (da “If I could turn back time” di Cher alla musica elettronica tedesca).
Insomma, che dire, se non vi ho ancora convinti a vedere Dark: aprite Netflix, guardate i primi dieci minuti della prima puntata e ascoltatevi tutta la sigla … poi ne riparliamo.