Scritto da Alice De Santis

Pubblicato il 08/06/2020

Vi abbiamo sentito tutti: fuori dalle sale, in coda per entrare alle proiezioni dei festival, ma anche appoggiati alla spalla di chi si è tenuto tutta la coperta per sé guardando l’ultimo episodio della serie mentre i pop corn finivano dispersi tra i cuscini del divano. Vi si è sempre sentiti parlare. Adesso è venuto il momento di ammetterlo: cosa vi stavate dicendo di così
importante? Discutevate di attori, di interpretazioni, di finali, di adattamenti, di personaggi, di trame, di fotografia, di gossip, di scelte registiche, di dubbi esistenziali?

Tranquilli, non c’è una risposta giusta o sbagliata, quello che conta sapere è che da sempre – da quando più o meno lo hanno inventato – il cinema ha prodotto discorsi. Che tutto questo abbia poi disturbato qualcuno, è dipeso ogni volta solo e unicamente dal vicino seduto accanto, ve lo possiamo assicurare. L’apparizione del cinematografo, le sue trasformazioni e il fissarsi del cinema all’interno della coscienza, dell’immaginario e della mitologia di generazioni e generazioni di persone (chi non ha mai desiderato passare una giornata intera con un solo attore, con proprio quel regista o anche semplicemente rivolgergli la parola, guardarlo negli occhi?) ha sempre prodotto una marea infinita di discorsi, discussioni e dibattiti.
Forse ne parliamo così tanto perché in realtà vorremmo poter riempire di senso quello spazio vuoto e incerto che ci guarda oltre il nero dello schermo qualche secondo dopo la fine del film.


Quello spazio che ogni volta ci riporta alla vita che abbiamo, caotica e confusa, non raccontata, non interpretata e che sentiamo il bisogno di capire nel tentativo di collegarla a quanto abbiamo appena visto, al perché ci sia piaciuto o meno. Ma forse anche no e allora potremmo discuterne.
La critica cinematografica riflette in un certo senso questa continua ricerca di senso e significati: nel corso della sua storia, è stata un luogo dai contorni disciplinari mai definiti una volta per tutte, in cui i saperi e le tecniche di lettura, le analisi e le interpretazioni dei film si sono ibridati tra loro in forme diverse, dando vita, volta per volta, a scuole e correnti divergenti, a modalità di lettura e di analisi che hanno contribuito allo sviluppo e alla
costruzione di una pluralità di teorie differenti.
In particolare negli ultimi anni, lo scenario critico ha visto un moltiplicarsi di paradigmi interpretativi nati e cresciuti tra una miriade di siti, blog e opinioni condivise sui social. Non esistono più conflitti ben riconoscibili tra ‘scuole’, tra modelli teorici differenti e articolati al loro interno, ma al loro posto si è visto un diffondersi capillare di forme ibride, insieme di soggettivismo del gusto e recupero di vari modelli teorici: voce di una nuova comunità ed espressione di nuovi contesti. In mezzo a tutto questo si sta facendo progressivamente strada una sorta di ‘neocritica’, diffusa e non professionale, che si rivela sempre più capace di rinnovare (in forme qualitativamente diverse) il discorso condiviso e contrastato che non ha
mai smesso di accompagnare il cinema in ogni sua forma.
La situazione insomma è complessa. Ci sono una quantità incredibile di parole che nel tempo abbiamo usato e continuiamo a usare per parlare di quello che abbiamo appena visto – e di come l’abbiamo visto (da soli, sul computer, su uno schermo in mezzo al lago suggestivo perché immerso nel buio della notte tanto quanto in un nugolo di zanzare). Ma tutti i discorsi si equivalgono? Parlare di critica cinematografica e di informazione cinematografica è la stessa cosa? L’intervista a tutto il cast al momento dell’uscita di un film ottiene un effetto identico alla riflessione sulle modalità di produzione di quello stesso film fatta con i suoi registi? La risposta magari la scriviamo un’altra volta, non in questo articolo, ma intanto ci siamo posti la domanda e questo già spiega dove stia la differenza. Se infatti i discorsi prodotti attualmente (pubblicità, brevi post, libri interi o programmi radio) sono capaci di sollevare dei dubbi e di mettere qualche punto di domanda tra i vostri pensieri, significa allora che quel laboratorio di pensiero critico (un pensiero cioè che tenta, ogni volta, di fare del film un momento particolare del processo di elaborazione dell’immagine) è ancora vivo e lotta insieme a noi. E questo è fondamentale perché rappresenta il tentativo di fare della diffusione e della visione cinematografica un’occasione di domande, richieste di senso e opportunità di dare al mondo uno sguardo ‘in più’, cosa di cui anche oggi non possiamo fare a meno.