Anche quest’anno si torna a Bologna.

Romy Schneider e Pola Negri, protagoniste al Cinema ritrovato, ma come capita tra dive non si sopportano e non si guardano.

Anche quest’anno si torna a Bologna.

Il primo test, per capire un po’ l’andazzo, è la borsina in tela che si ritira con l’accredito. Meglio dello scorso anno, o perlomeno ha più colpo d’occhio e in un oggetto che si espone per la strada non è poco. Si inizia alle 14:30, con il primo programma della retrospettiva dedicata al regista tedesco – attivo sia pre che post caduta del Terzo Reich – Wolfgang Staudte. Olaf Moller, curatore della serie, si dilunga, complice una poco spigliata traduttrice, in una lunga presentazione che avrà ripercussioni che si diranno. Andando ai film. Il primo, Ein jeder hat mal glück, un corto del ‘33, è un simpatico sketch abbastanza prevedibile e poco memorabile; resterà forse qualche audacia espressionista – poca cosa rispetto a quelle in volo del pilota d’aereo protagonista del corto – in contesto comico.

Memorabile, invece, – e film preferito di Moller tra quelli di Staudte – il lungometraggio, Die mörder sind unter uns (Gli assassini sono tra noi). Del ‘45, è il primo film che esce nella Germania post bellica scritto, girato e realizzato dopo la fine del conflitto. Lo è, il primo ad uscire, proprio per merito del regista che si è sempre dedicato al suo lavoro come un artigiano, realizzando in fretta e in serie i propri film. Ciò non toglie nulla alla riuscita di questo film che per ambientazione certo rimanda al più famoso Germania anno zero di Rossellini, più tardo di circa tre anni. Come in Germania anno zero si è fra le rovine delle città, parimenti distrutte sono le vite e i caratteri di quanti, perlomeno, sono sopravvissuti. La bellissima Hildegard Knef, il cui viso ed occhi non sono passati inosservati ad alcuno in sala, torna al proprio appartamento trovandolo occupato da un medico, burbero alcolizzato donnaiolo – forse manco tanto – e disilluso. Un medico del genere, sempre per via di un passaggio in guerra, lo si ricorda nel Voyage di Céline. Ma non è il luogo per dilungarsi. Il film ci dice di come la giustizia non sia nella vendetta bensì nel riconoscere i colpevoli e così tentare di evitare i loro stessi errori spezzando la catena di violenze. E di come si possa riprendere la vita quando si è stufi “fino al disgusto di ricominciare”, per dirla con le parole di un emiliano. Staudte ce lo dice con immagini che pare soffrano, portandoselo dietro quasi come un debito, gli strascichi dell’espressionismo ormai lontano. Il che però non appesantisce affatto la visione, anzi la carica efficacemente di emozione. Da notare una delle scene finali in cui, in una messa natalizia in un cattedrale scoperchiata, dove i pinnacoli gotici sono sostituiti dagli altrettanto svettanti mozzichi di pareti rimaste su, il ricordo va a Nostalghia e poi a Cenere e diamanti – rispettivamente in quest’ordine.

Nel primo pomeriggio Piazzetta Pasolini è ancora in fase di allestimento

Come ci si è dilungati su Staudte così è stato Moller, il che ha portato a 10 fatali minuti di ritardo che per una zelante maschera del Jolly sono stati più che sufficienti per far saltare a me e ad altri la visione di Die Ratten. Poco male perché si è usato il tempo per migliorare la tabella di proiezioni per i prossimi giorni. Alle 18:00, sempre al Jolly, (ma senza riuscire a guardare male la maschera di prima) una carrellata di corti muti comici musicati sul posto. Il primo è nulla più che un carosello di scenette che mostrano il dietro le quinte del cinema per come – almeno in parte – era inteso allora, un grande circo. Segue uno dei lavori più spassosi di Keaton, Hard Luck. Sempre di Buster è Electrical House, appena restaurato dalla Cineteca. Meno riuscito ma sempre un gran vedere. Da segnalare anche il francese Séraphin ou les jambes nues. Come con Keaton, tutto ruota attorno alla bravura di Georges Biscot e agli sfortunati eventi che hanno seguito dai suoi pantaloni macchiati. Messo affianco a Keaton soffre un po’ nell’insieme per via di una regia meno talentuosa. Prima di chiudere c’è da dire che non si è visto Gianluca Farinelli, direttore-padrone di casa del Festival, per cui viene meno il vero motivo per cui si stilano questi dispacci: il racconte i suoi impareggiabili abiti e cravatte. Rimedieremo.

In serata Dramma della gelosia di Scola, e Age-Scarpelli, con Monica e Marcello, all’Odeon; quindi niente piazza, per quella toccherà attendere giovedì (venerdì per chi legge). Intanto, in sala, si legge Allucinazioni americane, ultima pubblicazione di Roberto Calasso a tema hitchcockiano. Libro presente, in buona compagnia sia adelphiana che non, nella libreria di libri nuovi vecchi usati allestita come sempre in Biblioteca Renzo Renzi. Prima che arrivi il buio, l’ultimo quesito che ci ha lasciato, e che lascio prima del buio di questo dispaccio è: 

[Hitchcock:]«Sì, l’uomo era un voyeur, ma non siamo un po’ tutti voyeur?». Allo stesso modo avrebbe potuto dire a proposito di V[ertigo]: «ma non siamo tutti necrofili?».