Caro lettore,
Mentre anche questo quattordici febbraio giunge al termine vorrei condividere con te i miei pensieri sparsi per il giorno di San Valentino duemila e ventidue, mentre prendo un treno per Milano, io purtroppo per andare al lavoro.
Da qualche anno, per svagarmi, mi diverto a fingere di rispondere alle settantre domande di Vogue, come se fossi una star del mondo spettacolo, e spesso, tra questi futili quesiti, verso la fine della lista, appare quella fatidica domanda che, come direbbe Zero, ti devasta, ovvero:
“come capisci di essere innamorato?”

Ora, a questa domanda, si potrebbero dare un serie di risposte sconnesse, poetiche, semplici o estremamente complicate, perché poi alla fine ognuno l’amore lo vive in modo diverso, ma quando qualcuno formula la tua stessa risposta è una sensazione strana, inaspettata, come se per un momento ci sentissimo davvero all’interno di qualche sceneggiatura cinematografica. Ecco a me è successo un paio di volte, la prima di queste con Frances Halladay. Io e la cara vecchia ballerina spontanea e caotica di Greta Gerwin, a questa difficile domanda, abbiamo risposto che ci accorgiamo di essere innamorate quando “you look across the room and catch each other’s eyes… but – but not because you’re possessive, or it’s precisely sexual… but because… that is your person in this life. And it’s funny and sad, but only because this life will end, and it’s this secret world that exists right there in public, unnoticed, that no one else knows about. It’s sort of like how they say that other dimensions exist all around us, but we don’t have the ability to perceive them”.

Frances Ha

Avevo iniziato a pensare a questa cosa del piccolo mondo parallelo che si crea tra due persone che si amano quando ero ai primi anni del liceo, prima che vedessi Frances Ha, precisamente quando mi sono imbattuta in quella scena mainstream di Big Fish, in cui Ewan McGregor, con i capelli gellati e una morbida camicia magenta sotto una grossa tenda bianca e rossa, sente la realtà attorno a sè fermarsi per un attimo e rallentare mentre per la prima volta incrocia lo sguardo dell’angelica Allison Lohman, proprio perché, come puntualizza la voce fuori campo, “they say when you meet the love of your life, time stops, and that’s true.”
Così quando poi, quasi nove anni dopo, mi ritrovai profondamente nelle parole di Frances, questa coincidenza mi fece riflettere su quante volte nella mia vita ho associato il mio pensiero sull’amore a quell’amore di cui tanto si parlava nei miei adorati film.

Per esempio, dopo aver visto per la prima volta Scusa ma ti chiamo amore (colonna portante delle commedie romantiche non negatelo mai), volevo fare il patentino solo per avere la possibilità di essere “investita” da un Raul Bova di periferia, poi però avevo troppa paura e quel motorino rosso alla Niki non l’ho comprato mai. C’è persino stato un periodo in cui tenevo sempre in borsa un libro Calvino da sfoggiare all’occorrenza dell’apparizione, in treno o sul bus, di qualche avvenente passeggero, memore di quel galeotto scambio di sguardi tra un pagina e l’altra nei vagoni di Before Sunrise. Per non parlare del periodo in cui cercavo di capire in anticipo di gusti musicali dei ragazzi che mi piacevano per potere aggiornare il mio Spotify, solo nel caso in cui un giorno avremo attraversato la città ascoltando la musica da uno stesso cellulare con un cavo aux a doppia entrata, così che lui avrebbe potuto guardarmi come Mark Ruffalo in Begin Again e dirmi “you can tell a lot about a person by what’s on their playlist”. Nei miei sogni ho incontrato poi spesso Mr Darcy e il suo indimenticabile “you’ve bewitched me body and soul”; lo spettinato Hugh Grant con il suo innocente “stay forever” condito con qualche albicocca al miele; Ewan McGregor, questa volta in versione bohemian, mentre canta Your Song; il primo amore all’ombra di una villa somewhere in northern Italy come quello di Elio e Oliver; quelle maledette cartoline di Brokeback Mountain scambiate tra Jake Gyllenhaal e Heath Ledger; e soprattutto ho sognato, ad occhi aperti questa volta, una storia vera, complicata e pura come quella di Marianne e Connor che si sono fatti “so much good to one another”.

Normal People

Fino ad arrivare a qualche mese fa, quando ho guardato The Electrical Life of Louis Wain e nel modo in cui i due protagonisti rubavano timidi sguardi nella confusione della tavola da pranzo, nel modo in cui le loro mani, protette dai guanti, si sfioravano nel buio della carrozza, nel modo in cui si baciavano, ridavano e si prendono cura l’uno dell’altro, io ho visto il modo in cui io desirerei essere capace di amare, di condividere talmente tanto con un’altra persona a tal punto da dire “you’ve made the world beautiful and warm and kind” e di essere amata da qualcuno talmente coraggioso da dirmi “I don’t make the the world beautiful [..], the world is beautiful, you have helped me to see that too”.

Oggi è quel giorno in cui mi sento come Theodore di Her e non riesco a non guardare le altre persone senza immaginare la storia d’amore che stanno vivendo, che hanno vissuto o che sognano di vivere. Oggi intorno a me riesco a vedere solo le cose tenere, i cioccolatini, le frasi sdolcinate e gli innamorati che tra le dita stringono una rosa o un mazzo di fiori, chi li ha ricevuti e ora li fa dondolare con sguardo sognate e chi invece è trepidante di consegnare il prezioso pacco, sperando che di aver scelto il fiore giusto, con un profumo gradevole e senza troppe spine che fuoriescono dalla plastica rosa colorata. Oggi vedendo tutto questo non ci ho pensato nemmeno un secondo e nelle cuffie ho fatto partire “how long will i love you” e per un attimo tra i finestrini della metro che correva veloce mi è sembrato di intravedere Mary e Tim che si baciano sui binari esattamente come in About Time.

The electrical life of Louis Wain

Oggi un po’ possiamo ammetterlo che tutti sogniamo l’amore, chi quello sofisticato, delicato e irriverente della Nouvelle Vague e chi quello delle classiche favole a Le Pagine della Nostra vita. Non c’è niente di male ad ammetterlo, a sentirci invincibili quando camminiamo mano per la mano con la nostra crush o a sentirci un po’ più tristi quando quelle farfalle nello stomaco invece non le sentiamo da un po’.

Insomma l’amore è un concetto ineffabile, un sentimento cangiante e una parola polisemica, di cui si potrebbe parlare per ore, ma chi oggi San Valentino lo sta festeggiando penso abbia di meglio da fare piuttosto che parlare, così come chi invece non lo sta festeggiando come vorrebbe, di parlare non penso abbia tanta voglia. Quindi caro chiunque che stai leggendo questo articolo, ti auguro di trovare qualcuno che ti cerchi in mezzo ad una stanza di cento persone, qualcuno che guardi solo te in un tavolo di quattro e qualcuno che ti pensi nelle notti in cui non riesce a dormire. Ti auguro di ricevere lettere inaspettate e di scrivere lettere che non invierai mai, solo per riuscire ad esprimere quei sentimenti troppo grandi da tenere per se stessi. Ti auguro qualcuno con cui condividere la tua playlist o qualcuno a cui dedicare un album dei Mumford, dei Bastille o di qualunque sia la tua band preferita. Ti auguro di trovare qualcuno che sia capace di dirti quello che prova e che magari usi proprio quelle parole che da ragazzino immaginavi fossero rivolte a te, mentre con gli occhi chiusi le ascoltavi ripetere alla televisione.

Insomma spero che il tuo amore sia puro come quello nei film.
Buon san Valentino caro lettore, spero che oggi tu ti possa essere innamorato un po’ di più.
E se per caso, leggendo questo articolo, un po’ hai pensato che parlasse anche di te, io sarò probabilmente su qualche mezzo pubblico con il maglione rosso, i capelli arricciati alla cupido e la borsa piena di baci perugina, quindi scrivimi, che si sa mai poi finiamo al “mi chiedevo se ci potevamo vedere per innamorarci di me”.
Love,
Rosie Viola.

About Time