Jim Jarmusch stenta a definirsi un appassionato di zombie, puntando inizialmente sui vampiri, come risulta evidente da Only Lovers Left Alive, con l’eterea Tilda Swinton e il misterioso Tom Hiddleston nei panni di due affascinanti creature della notte che divorano libri e vivono di musica. Ma non può esimersi dal genuflettersi all’altare di George A. Romero, la cui opera ha ispirato The Dead Don’t Die, una commedia dark sugli zombie. Il film, perfettamente in equilibrio tra lo sciocco e il malinconico, racconta della cittadina di Centerville, il cui cartello di benvenuto la definisce “un posto davvero carino”, facendo l’occhiolino al perturbante di David Lynch. Il film presenta un cast dei preferiti di Jarmusch, guidato da Bill Murray, Adam Driver e Chloë Sevigny nei panni di poliziotti di provincia, insieme a Tilda Swinton che interpreta qui un becchino scozzese armato di katana. Iggy Pop è uno zombie a torso nudo che brama caffè, Tom Waits è lo stravagante e barbuto Hermit Bob, Steve Buscemi è un odioso contadino e il rapper e compositore del Wu-Tang Clan RZA un autista per le consegne di WuPS.

La vita sembra procedere in maniera fredda e indifferente in questa seconda Twin Peaks, fino a quando gli agenti Clifford Robertson e Ronnie Peterson (Bill Murray e Adam Driver) iniziano a indagare su un possibile caso di furto di polli: l’eremita locale che vive nel bosco (interpretato, meravigliosamente, dall’abituale Tom Waits di Jarmusch) potrebbe aver rubato un pollo al contadino Miller (un divertente Steve Buscemi), perennemente scontroso e apertamente razzista. Mentre si allontanano con l’auto della polizia, iniziano ad accorgersi che c’è qualcosa che non va. Il cellulare di Ronnie è andato in tilt, il segnale radio dal quartier generale, dove l’agente Mindy Morrison (interpretata da Chloë Sevigny), tiene le redini della situazione, continua a perdere colpi e, anche se è quasi notte, il sole splende ancora. 

Noi sappiamo, ma loro ancora no, che stiamo per assistere a un’interminabile giornata di morti viventi. Una volta fuoriusciti grugnendo dalla terra del cimitero, seguendo gli stilemi classici del genere, questi nuovi non-morti iniziano ad aggirarsi per la cittadina alla lenta ricerca di ciò che più hanno amato nella vita, un’idea presa in prestito direttamente da Romero. Borbottando ripetutamente i loro desideri, si muovono per Centreville trasformando, con il loro morso (classicone), chiunque incontrino sul loro cammino. L’unico modo per sbarazzarsene è, come ricordano i protagonisti, colpirli direttamente in testa. 

I migliori zombie sono i primi, interpretati da Sara Driver (regista e partner di lunga data di Jarmusch) e Iggy Pop. Si presentano alla tavola calda locale, dopo l’orario di chiusura in cui sono rimaste solo le due dipendenti, tra cui Ezster Balint, protagonista del film Stranger Than Paradise del 1984. I due si avventano sulle prede, creando un caos comicamente sanguinoso, fino a quando la loro attenzione non viene catturata dalle caffettiere ancora fumanti sui fornelli, che li portano a dimenticarsi completamente delle interiora bramate fino a pochi secondi prima. Il clima del film è in costante equilibrio tra sangue e ironia, rimarcato anche dalla natura dei poliziotti, caratterizzata da una sorta di costante apatia che non sfocia mai nel terrore o nel panico. È iconica, in questo senso, la parte in cui i corpi delle due cameriere vengono trovati in condizioni tremende all’interno del diner. Lo spettatore dovrebbe essere qui indotto a provare ribrezzo nel vedere dei cadaveri ridotti in questo modo, ma il ritmo in cui la scena è girata e le espressioni dei protagonisti rendono il tutto ironico. Il primo ad arrivare è Bill Murray, che reagisce alla vista dei corpi in maniera quasi impassibile. Poi, a bordo di una Smart rossa, arriva Adam Driver. La scena è la medesima, le inquadrature anche, la reazione distaccata molto simile a quella del collega. Sarà solo Mindy a comportarsi da umana, piuttosto che da androide senza sentimenti e reazioni di alcun tipo, ristabilendo l’ordine, ma rendendo ancora più canzonatoria la scena in questione. 

Il film è il ritratto di un mondo stanco, i cui personaggi non sono abbastanza spaventati, cattivi, potenti o vulnerabili, i cui personaggi non sono abbastanza umani, ma solo stanchi,  ormai pronti ad accettare la fine. Questa pesantezza che li accompagna non sfocia in nessuna reazione o slancio sentimentale, e, anche di fronte alla morte imminente, rimangono imperturbabili, senza mostrare alcun tipo di risposta emotiva. Inoltre, dall’inizio alla fine, The Dead Don’t Die presenta una qualità metaforica. I personaggi riconoscono apertamente di essere in un film e la canzone country di Sturgill Simpson The Dead Don’t Die diventa un motivo musicale ricorrente. La maggior parte dei protagonisti risulta egocentrica e ingenua, ed è per questo che non sopravvive.

Scritto da Ludovica Lancini