Scritto da Jacopo Renzi

Pubblicato il 30/07/2020

Non chiamatemi direttore della fotografia, sul set il direttore è uno solo, il regista”.

Così Vittorio Storaro ci tiene sempre a precisarlo ogni volta che viene invitato ad un convegno o seminario per parlare di fotografia nel cinema. Egli è considerato, o meglio chi scrive ama considerarlo, uno dei più grandi cinematografi (così vuole essere definito lui stesso) della storia del cinema. Oltre a numerosi premi cinematografici ha vinto ben tre Oscar, il primo per Apocalypse Now e gli altri due per Reds e L’ultimo imperatore. Coppola (4 film), Beatty (3 film) e soprattutto Bernardo Bertolucci (8 film), sono proprio i registi più importanti della sua carriera, senza dimenticare Carlos Saura (6 film), Alfonso Arau (3 film) e Woody Allen con cui ha girato gli ultimi tre film. Una delle sue prime pellicole fu l’esordio di Dario ArgentoL’uccello dalle piume di cristallo. Non voglio dilungarmi e proporvi una lista di film a cui Storaro ha lavorato, anche perché altrimenti si perderebbe l’intento per cui è stato concepito questo articolo. Quello che vorrei presentarvi oggi è una riflessione sulla cinematografia, i colori e la simbologia di quest’ultimi all’interno della mastodontica opera cinematografica che è Apocalypse Now, per la regia di Francis Ford Coppola.

Premessa: siccome esistono 3 versione della suddetta opera, prenderò in esame l’ultimo restauro fatto nel 2019 dalla Cineteca di Bologna, sotto la supervisione del regista e di Storaro stesso.

Il duo Coppola-Storaro ha creato uno dei classici del cinema americano e un vero capolavoro cinematografico. Apocalypse Now avrebbe potuto avere un’estetica completamente diversa se ci avesse lavorato Gordon Willis, il primo direttore della fotografia preso in considerazione dal regista e responsabile di uno degli altri capolavori di Coppola, Il padrino. Willis però rinunciò al progetto, e sebbene Storaro fosse stato ingaggiato come cinematografo per un altro film, dopo aver letto il libro che fu d’ispirazione all’opera, Heart of Darkness di Joseph Conrad, contattò immediatamente Coppola per confermargli la sua partecipazione. 

Scena iconica di Apocalypse Now, dove è possibile notare il cameo di Francis Ford Coppola (sinistra), Vittorio Storaro (centro) e Dean Tavoularis (destra), scenografo del film

L’approccio filosofico di Storaro all’immagine ha da sempre incorporato l’uso attento di colori, sagome e fonti di luce naturale profondamente saturi che perforavano selettivamente l’oscurità delle ambientazioni della giungla della storia. 

Il forte uso di luce e ombra in molte scene all’interno del film serve a rafforzare il concetto generale della battaglia interiore dei due personaggi: Willard (Martin Sheen) e il colonnello Kurtz (Marlon Brando). L’uso magistrale del chiaroscuro di Storaro non solo mette in evidenza la lotta interiore, ma anche le lotte esterne inerenti all’era del Vietnam. Ad accentuare le lotte dei personaggi e del mondo che li circonda sono i colori riccamente saturi e l’uso del colore da parte di Storaro per suscitare emozioni crude nel pubblico. 

L’immagine però attiva un processo di analisi più efficace delle parole e dei suoni. Durante il suo viaggio nel cuore del Vietnam verso il nascondiglio di Kurtz, Willard si ritrova ad esaminare più volte il volto del colonnello; inizia a capire la terribile e agghiacciante profondità del suo pensiero guardando a lungo delle fotografie, scatti che lo mettono in contatto con la sfera interiore folle della sua “vittima” già molto tempo prima del loro incontro.

Quando Willard arriverà poi nel covo dell’ex colonnello ci sarà ad accoglierlo, oltre ad una massa di guerriglieri-sudditi, un fotoreporter statunitense che ha deciso di rimanere con Kurtz. Occhi spiritati, movimenti agitati, discorsi visionari, con innumerevoli macchine fotografiche appese al collo, questo personaggio, interpretato magistralmente da Dennis Hopper, incarna chiaramente la metafora vivente dello sguardo impazzito del mondo occidentale e capitalistico che, in una sorta di scomposta fuga dalla realtà, ha delegato la rappresentazione del mondo a puri meccanismi ottici (gli obiettivi fotografici) mentre i propri occhi sono intenti alla creazione di un panorama esistenziale folle e mostruoso. La fotografia, infatti, come elemento concreto (cartaceo) e strumento di raffigurazione simbolica della realtà irrompe nella vicenda quando il capitano Willard giunge nella base americana in Vietnam dove deve partecipare ad una riunione con agenti della CIA ed alti ufficiali.

In questa sequenza il personaggio centrale, il colonnello Kurtz, viene messo in scena principalmente attraverso alcune riproduzioni fotografiche che vengono mostrate proprio a quello che diventerà il suo “carnefice”. L’immagine ha, in questo caso, una chiara funzione evocativa. Rimanda ad un individuo di cui conosciamo le fattezze e la voce (nel film si sente in una registrazione delirante) ma che ci sfugge dal punto di vista psicologico. Ed è nello svelamento del senso di questo punto oscuro che i ritratti del colonnello Kurtz aiutano lo spettatore a comprendere il lato misterioso e angoscioso del protagonista. I riferimenti pittorici per Storaro qui si indirizzano verso le surreali giungle dipinte da Rousseau ne “il Doganiere”.

 Apocalypse now non è solo un viaggio simbolico nella violenza tra due culture, ma è anche il conflitto di energia tra la luce naturale e quella artificiale. Il colonnello Kurtz si mostra, nel suo uscire dall’ombra alla luce, con estrema lentezza, come se il suo volto si dovesse costruire come un puzzle. Il suo è un uscire dall’inconscio, dall’oscurità, per mostrarsi lentamente, in un percorso che dall’oscurità (l’inconscio, le tenebre), attraverso la luce, rivela il volto (il conscio). Il “cuore di tenebra” non è altro, allora, che il “cuore della luce”. Ma la scoperta dei colori costituisce per Storaro un nuovo campo di sfida e di ricerca. I colori simboleggiano le tappe della vita attraverso la luce, perché in essi c’è lo sforzo della materia di farsi luce.

Sono veri e propri “figli” della luce e dell’ombra perché si collocano esattamente tra il bianco e il nero.
La gamma dei colori parte dal nero che rappresenta al contempo la presenza e la negazione del corpo, il principio e la fine. Il rosso è il colore del contatto divino, del passato, l’inizio “attuale” di tutte le cose, è il primo dei colori primari, forma la vita, la luce, l’energia. L’arancio è colore “domestico”, trasmette tepore, unisce la passione, il sentimento e la coscienza.

Ma nel film di Coppola viene utilizzato in maniera massiccia assieme ai suoi derivati (rosso e giallo) durante le sequenze più concitate di battaglia. Storaro costruisce attraverso il colore delle partiture musicale (come lui stesso definisce), inserendo una vera e propria “fisiologia del colore”, dove un colore molto caldo accelera il metabolismo e alza la pressione del sangue, mentre uno freddo la abbassa. Questo trattamento dei colori non è utilizzato in modo esclusivamente astratto ma sempre in modo da riflettere in maniera realistica i luoghi e l’epoca in cui agiscono i personaggi.