“You. William Blake?”

“Yes. I am. Do you know my poetry?”

Lo scorso 22 gennaio è stato il settantesimo compleanno del regista statunitense Jim Jarmusch. La wave postpunk degli anni novanta è stata, per Jarmusch, una fertile dimora, in cui le sue opere cinematografiche hanno segnato l’immaginario collettivo, tanto da consacrarlo nella rosa di registi dove l’uso del proprio cognome è diventato un modo perindicare un determinato genere cinematografico. Quando si indaga la sfera dell’onirico, il sogno si rivela essere la parte più esoterica del nostro spirito, e nel momento in cui si attua un parallelismo tra sogno e cinema, non si può non citare il western psichedelico Dead Man. La pellicola del 1995 narra le vicende dello sfortunato contabile di Cleveland William Blake – un Johnny Depp al suo massimo splendore – il quale si ritrova costretto a trasferirsi nella polverosa Arizona per lavoro. Un mix di insolite e sfortunate coincidenze porteranno il protagonista a giacere con la ex fidanzata del figlio di John Dickinson (Robert Mitchum), il proprietario dell’azienda per cui inizialmente Blake doveva fare da contabile. Charlie Dickinson, travolto da un impeto di gelosia, uccide la ragazza e lascia in fin di vita il giovane forestiero, il quale riesce ad uccidere il suo (quasi)assassino a sua volta e a scappare, nonostante la ferita grave al petto.

È qui che inizia il viaggio spirituale di William Blake verso la morte: il nativo americano dal nome “Nessuno” – interpretato da Gary Farmer – lo trova riverso in fin di vita in una pozza mista a sangue e fango. La fuga dalla città e la ricerca di un rifugio nella foresta portano il protagonista a non comprendere più cosa sia vero e cosa sia frutto della sua immaginazione. Jarmusch è un perfezionista nel cercare di ricreare sinestesie; lo spettatore si sente come cullato dai ritmi cadenzati e distorti di ogni tappa del lungo cammino, la lentezza e la quiete dei boschi fanno da contraltare al dolore e all’irrequietezza che caratterizzano i pochi attimi di lucidità del già-morto William Blake, il quale sembra trovare rifugio alle proprie pene solo fra le braccia di Morfeo. Nessuno, convinto che il suo compagno di viaggio sia la reincarnazione del poeta inglese omonimo, si prende in carico di far trapassare la sua anima nel mondo degli spiriti, proteggendo il giovane dagli uomini che lo inseguono, a causa della taglia che incombe sulla sua testa, posta da Dickinson per rivendicare la morte del figlio. Il voyage diviene il pendolo tra sogno e realtà, tra la vita e la morte, tra ciò che vi è, che esiste, e ciò che ormai non c’è più e di cui rimane solo un’ombra. La vecchia identità di William Blake è ormai sfumata, al suo posto, uno spirito nuovo abita le membra del timido contabile di Cleveland: una forza redentrice muove gli ultimi passi di costui, prossimo al trapasso e pronto a ricongiungersi con il grande spirito della terra, per concedersi, finalmente, un po’ di ristoro, cullato dalle acque del fiume.

Scritto da Francesca Pascale