“I was yours once till death if you cared to keep me, but I’m someone else’s now”

Vorrei iniziare con una citazione, per  parlarvi di una delle storie d’amore omosessuale più emozionanti di sempre: Maurice. Il noto film di James Ivory del 1987, tratto dall’omonimo romanzo di E.M. Forster del 1914, ha segnato un punto di non ritorno per la comunità gay mondiale alla fine degli anni ’80, soprattutto durante l’epidemia di AIDS. Inoltre,  è stato il primo film  ad aver messo in scena, senza filtri, l’amore tra due uomini e per questa ragione ha cambiato la vita di moltissime persone omosessuali. 

Il film, ambientato nei primi anni del 1900, narra di una storia d’amore fugace ma intensa di due studenti di Cambridge, provenienti da famiglie privilegiate: Maurice Hall (James Wilby) e Clive Durham (Hugh Grant), nella Gran Bretagna di inizio ‘900, in cui l’omosessualità veniva vista come un reato da punire e una pulsione da reprimere. 

Una liason iniziata da Clive che, con un bacio, risveglia le emozioni più nascoste di Maurice, che quella stessa notte sale su per la finestra della sua camera dichiarando il suo amore. Il tema della camera è molto interessante e gioca un ruolo importante: è il luogo dell’illecito, del segreto tra due studenti che vanno controcorrente, dell’interdetto. Queste sono le sensazioni che vengono evocate nello spettatore per tutto il film e che ritornano anche nella seconda parte della narrazione, ma con una valenza completamente diversa, che determinerà anche il coraggio o meno di essere sé stessi dei protagonisti.

Presto questa loro relazione porterà Maurice ad un esaurimento, perché sa nel suo profondo di non poter essere contraccambiato appieno, dato che Clive vuole mantenere il rapporto puramente platonico, mostrando anche le loro differenze nell’approcciarsi all’amore: Maurice più passionale, carnale, e Clive più platonico e intellettuale. Sia nel film che nel libro, per chi lo avesse letto, si può percepire questa tensione e, allo stesso tempo, divergenza che li porterà successivamente a concepire la vita in maniera completamente opposta: il primo a non vergognarsi del suo orientamento sessuale, e il secondo a reprimere a tutti i costi quello che reputa una degenerazione, una convinzione radicata nella società inglese del tempo, che aveva persistito fino al 1967, quando venne finalmente decriminalizzato. Sebbene vi siano numerose scene, in cui viene mostrata la tenerezza e la dolcezza di questo amore giovanile, unito anche dai loro interessi intellettuali, il loro rapporto non poteva durare al lungo, anche perché in quegli anni l’omosessualità veniva condannata e questo voleva dire il carcere e ai lavori forzati e perciò vi era la paura di essere scoperti. Anche a causa di ciò, Clive decide di troncare il rapporto e, successivamente al suo viaggio in Grecia, decide di sposarsi con una ragazza mediocre e di intraprendere una carriera politica. 

Da questo momento vediamo, se possiamo dire così, la crescita del personaggio stesso di Maurice, divorato inizialmente dalla perdita del suo grande amore, il che lo ha portato in primis a cercare l’aiuto di un ipnotizzatore per poter “guarire” da questa sua deviazione sessuale. Questi tentativi risultano invani quando incontra nella residenza dei Durham, Pendersleigh, Alec Sculley (Rupert Graves), il domestico della famiglia. Sculley, a differenza di Clive, non ha paura di nascondere i propri sentimenti e di approcciarsi sfrontatamente a Maurice. Questa sua ossessione lo ha portato a spiarlo di notte e ad intrudersi dalla finestra nella stanza di Maurice e di fare l’amore. Come già anticipato prima, la camera e la finestra sono, per me, metafore dell’intimità di ciascuno, luoghi dove custodiscono i segreti più profondi, a cui pochi possono accedere, e, in questo caso, sono anche simbolo di una relazione all’epoca illecita, a maggior ragione se entrambi sono provenienti da due classi sociali diverse. In questo caso, si può dire che l’amore di Maurice provato per Clive e Sculley è diverso: il primo un amore giovanile, che però l’ha portato a vivere più frustrazione, e l’amore per Sculley, che lo porta ad abbandonarsi alla folle passione e a vivere appieno il loro folle amore, anche a costo di essere condannati e considerati abbietti dall’intera società inglese. 

Infine, è emblematica la scena finale, in cui Maurice, mentre si reca a Pendersleigh per cercare Sculley, dichiara a Clive il suo amore per il giovane domestico, lasciando quest’ultimo interdetto e scioccato, e portando in un secondo momento la sua mente a rievocare  la storia con il suo ex amico.  È proprio in questa occasione che possiamo vedere con chiarezza chi ha deciso di abbracciare la propria sessualità e sé stesso, con anche coraggio, e chi per paura, e per codardia verso sé stessi, decide di piegarsi alla società, perdendo così la sua identità e diventando prigioniero della sua stessa condizione. E per questo motivo, lo spettatore si sente più vicino a Maurice e a stimare il suo affronto alla morale del tempo, credendo nel motto: “Love conquers all.

Maurice è ancor oggi un film attualissimo, non solo per chi vive nelle società democratiche, per chi è costretto a reprimere il proprio orientamento sessuale a causa dell’ambiente o famiglia in cui è cresciuto, ma soprattutto per coloro provenienti dai paesi in cui l’omosessualità viene considerata ancora oggi come una devianza e aberrazione. Per questo il personaggio di Maurice può essere visto, nel bene o nel male, un punto di riferimento per chi decide di voler andare controcorrente a costo di essere fedele a sé stesso e alle proprie emozioni. 

Scritto da Indjia Sturaro