Merab è un giovane ballerino che balla per il National Georgian Ensemble e, senza accorgesene, la persona che credeva di essere inizia a vacillare e a sgretolarsi provocandogli una dolce smarginatura identitaria.

Da sempre danza accompagnato dalla sua partner – anche al di fuori della scuola – Mary, lavora in un ristorante tutte le sere, si prende cura della sua famiglia e cerca di tenere in riga il fratello maggiore, anche lui ballerino ma incostante e dal temperamento focoso. 

Tuttavia, l’evento che davvero scatena una forte scossa nel protagonista è l’arrivo di un nuovo ballerino, Irakli, sfacciato, dal sorriso ammiccante e soprattutto così talentuoso da sostituire il ruolo di Merab nel passo a due. 

“Dovresti essere come un chiodo, sei troppo molle”, così il maestro di danza incalza Merab, al quale manca il portamento dell’uomo forte, guerriero e vigoroso. Anzi l’errore che commette Merab è metterci troppa sensualità e poca virilità ma questa è una danza in cui “there is no sex” e le sue tensioni e i turbamenti sono inaccettabili. 

Quest’ultima è un’arte performativa che incarna i ruoli predefiniti del maschio e della femmina ma che tra una sequenza e l’altra inizia a caricarsi di tensione erotica dolcissima fatta di non-sguardi e carezze non date. 

Quindi è chiaro, quella che inizia come una cotta passeggera per il carismatico Irakli, si trasforma in una folle smania di possedere l’altro – come tutti i primi amori da cui è impossibile non lasciarsi consumare. 

Ma il loro è un amore che esiste – o deve esistere? – solo nella notte e all’oscuro di tutti e come il più tragico degli amori, come per Elio e Oliver, per loro il giorno è inaccessibile. 

Ma perché?

La Georgia è un ex Paese del blocco sovietico e ancora oggi ne subisce la sua influenza, soprattutto riguardo la percezione delle comunità LGBTQIA+. Non ci sono leggi che limitano la loro libertà, tuttavia c’è un clima conservativo e opprimente nei loro confronti e nella  pellicola vengono catturate queste dinamiche ambigue. Il film del regista Levan Akin, svedese e di origini georgiane, vuole essere il simbolo della modernizzazione della Georgia ma soprattutto vuole tagliare il cordone ombelicale da un retaggio culturale basato sulla persecuzione. Persino girare il film non è stato semplice, tant’è che il regista molto spesso ha dovuto nascondere il suo contenuto durante le riprese e centinaia di manifestanti di estrema destra, conservatori e pro-russi hanno tentato di boicottare la sua visione in sei cinema georgiani.  Anche il regista si è espresso a riguardo, dichiarando ad Indiwire che “ho girato questo film con amore e comprensione. È la mia lettera d’amore alla Georgia e alle mie origini. Con questa storia ho voluto reclamare e ridefinire la cultura georgiana per far sì che essa sia di tutti, e non solo di alcuni. […] Sfortunatamente viviamo in tempi bui, e le proteste non fanno altro che confermare quanto sia vitale opporsi a queste forze cupe in ogni modo possibile”.

E se la danza è uno degli strumenti più importanti, portatrice della cultura nazionale e tradizionale, nel film assume una nuova interpretazione, diventando mezzo per la liberazione. 

Sono tante le scene in cui i ragazzi ballano, ubriachi di vita, un inno alla gioventù liberi di tutte quelle inibizioni che gli adulti si impongono. Ballano in mezzo alle strade, in casa, sul terrazzo e una delle scene più belle è quella di Merab che balla per Irakli sulle note di “Honey” di Robyn, artista svedese. Anche lo spettatore alla visione di questa passione che cresce tra una nuvola di fumo e l’altra, rimane attratto e sedotto da una danza sensuale e divertita. Questo ci ricorda come il corpo sia in grado di trasmettere un linguaggio universale e riconoscibile prima ancora delle parole quando ci si innamora di qualcuno. 

Guarda la scena https://www.youtube.com/watch?v=zu3KlSUPrH8

UNA SCONFITTA COSÌ DOLCE

Irakli scompare improvvisamente e Merab viene preso dallo sconforto di non poterlo più vedere né toccare. Lo si rivede solo verso la fine, al matrimonio del fratello del protagonista, a fianco di una donna. 

La disperazione cala sul protagonista e in un piano sequenza di circa tre minuti, il regista ci concede di osservare silenziosamente un dolore totalizzante. Irakli decide di reprimere la sua natura e vivere una vita imposta dalla cultura più conservatrice, a differenza di Merab che sembra essersi slegato da ogni inibizione e non temere più la repressione. 

Dopo la tragica sconfitta di un primo amore perso, vediamo il ballerino venire rifiutato al provino dai suoi maestri con un atteggiamento totalmente nuovo: Merab non prova più vergogna, si sente leggero e continua a ballare, non vuole fermarsi. Commette qualcosa di oltraggioso, rinnovando la danza georgiana e rendendola un atto di sfida dirompente verso le aspettative di genere arcaiche. 

L’attore georgiano si riscopre e impara a volersi bene e arriva alla consapevolezza di poter meritare di più dalla vita, consolandosi nella scelta di dover scappare per poter affermare la propria identità.Dopotutto, c’è un’amara consolazione nel vedere che proprio questo tenero dolore lo spinge verso un futuro più luminoso e libero.

Scritto da Amanda Milaqi