Scritto da Emma Scalera

Pubblicato il 18/05/2020

Quando pensiamo alle eccellenze italiane oltre all’immediata tradizione culinaria, dove ovviamente emerge la scontata pizza, sicuramente viene in mente il settore della moda. Nomi di case come quella di Valentino, Versace, Dolce&Gabbana, Armani, Prada… riecheggiano in tutto il mondo e non serve essere degli appassionati sfegatati del mondo della moda per conoscerli. Quello che però spesso non si sa è che l’Italia vanta anche di un’importante tradizione nel mondo dei costumi, sia teatrali che cinematografici.

Dal momento che il campo di studio si presenta vastissimo, ci accontentiamo di circoscriverlo al mondo del cinema, cercando di far emergere i primi nomi che non possono non essere conosciuti da chi voglia conoscere la magia, di stoffe e tessuti, catturata dalla macchina da presa.

Medea” di Pier Paolo Pasolini, costumi curati da Piero Tosi

Penso che sia abbastanza intuitivo capire in che cosa consista il lavoro creativo del costumista: creare abiti ex-novo o scegliere tra i vestiti posseduti dagli attori. Quello che forse pochi sanno è che il costumista collabora in una sintonia artistica con lo scenografo, il segretario di produzione e ovviamente il regista, costruendo un elemento importante nella riuscita del film; quando cominciano le riprese del film egli deve dirigere il suo gruppo di lavoro e controllare che gli attori e le comparse siano riusciti a mettersi la maglietta nel verso giusto.

È fondamentale ricordare che dietro a ogni costumista si cela un’incredibile cultura, non inferiore a quella richiesta allo scenografo, e di ciò può dar testimonianza quanto scrive proprio uno del mestiere, Georges Annenkov, quando parla della sua biblioteca cui deve sempre ricorrere: “una cinquantina di storie del costume buone o cattive in tutte le lingue, con l’evoluzione della moda descritta anno per anno; storie dell’arte dal tempo delle caverne fino ai giorni d’oggi; opere specializzate su abbigliamenti ecclesiastici nelle diverse religioni, storie militari, testi di mitologia, tratti di araldica, studi folkloristici, storie dei carnevali…” (En habillant les vedettes, Paris, 1950).

Ora vorrei citare alcuni grandi personaggi italiani, con la speranza di farvi nascere un po’ di curiosità anche per questo mestiere, che compare sullo schermo grazie agli incredibili e fantasmagorici costumi di scena.

Dunque, presentiamo per primo il grandissimo Danilo Donati, nato a Suzzara nel 1926 e morto a Roma nel 2001. Scenografo e costumista, tra i più importanti professionisti del cinema italiano, premiato con l’Oscar per i costumi di Romeo e Giulietta (1968) di Franco Zeffirelli e poi per quelli de Il Casanova di Federico Fellini (1976). Comincia la sua avventura nel cinema creando costumi per La grande guerra (1959) di Mario Monicelli. Con La ricotta, capitolo del film ad episodi Ro.Go.Pa.G. (1963), inizia a collaborare con Pasolini, per il quale sarà costumista in molti film successivi, da Il Vangelo secondo Matteo (1964), a film come Il fiore delle mille e una notte e Salò o le 120 giornate di Sodoma. Anche Fellini decide di avvalersi nel suo talento di costumista per Fellini Satyricon. Nel 1994 è costumista di Il mostro di Roberto Benigni, con cui in seguito lavorerà ancora con La vita è bella (1997) e, poco prima di morire, per Pinocchio (2002).

Danilo Donati

Segue poi praticamente il coetaneo Piero Tosi, anch’egli costumista e scenografo, nato a Firenze nel 1927 e morto il 10 agosto 2019 a Roma. Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti a Firenze, comincia a lavorare per il teatro e per il cinema. Diventa prezioso collaboratore delle accurate ricostruzioni storiche di Luchino Visconti, con cui inizia un sodalizio durato venticinque anni, da Bellissima (1951) all’ultimo film del regista, L’innocente (1976). Crea costumi per Senso (1954), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), La caduta degli dei (1969), Morte a Venezia (1971), Ludwig (1973). Mette al servizio la propria capacità al cinema italiano, lavorando con grandi registi come Monicelli, De Sica, Fellini, Pasolini e Zeffirelli. Nel 2013 l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che assegna annualmente i premi Oscar, ha deciso di conferirgli il premio alla carriera.

Piero Tosi
Esempio del lavoro di Tosi fatto per “Il Gattopardo” di Luchino Visconti

Ora, finalmente, è giunto il momento di presentare la mitica Gabriella Pescucci, nata nel 1943 a Leghorn. Il suo esordio avviene nel 1968 con I sette fratelli di Gianni Puccini, ma il suo notevole talento si mostra in Divina creatura (1975) di Giovanni Patroni Griffi. Collabora con Fellini per Prova d’orchestra (1978) e La città delle donne (1979). Nel 1984 disegna i costumi per C’era una volta in America di Sergio Leone. La sua popolarità cresce rapidamente anche all’estero, ottenendo così l’incarico di costumista per Il nome della rosa (1986) di Jean-Jacques  Annaud e per Le avventure del barone di Munchausen (1989) di Terry Gilliam. È soltanto nel 1993 che vince l’Oscar per i costumi di L’età dell’innocenza di Martin Scorsese.

Gabriella Pescucci

Last but not least, la formidabile, incredibile e superlativa Milena Canonero. Vincitrice di ben 4 Oscar, nasce a Torino nel 1946, studia storia del costume a Genova e poi si trasferisce a Londra, dove inizia a lavorare per spot pubblicitari. È lì che incontra Stanley Kubrick, il quale le dà l’incarico di realizzare i costumi per Arancia Meccanica (1971); il regista si avvale ancora della sua collaborazione per Barry Lyndon (1975), per il quale ottiene il suo primo Oscar, e poi per Shining (1980). Nel 1981 vince il secondo premio dell’Academy per Momenti di gloria di Hugh Hudson e diventa una delle più apprezzate costumiste del cinema contemporaneo. La Canonero si distingue per la sua capacità di coniugare il rigore storico con l’originalità, come nei grandi successi di Dick Tracy (1990) di Warren Beatty e Titus (1999) di Julie Taymor. I grandiosi successi recenti sono stati raggiunti con il film Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola, nel quale maestosi abiti d’epoca sono stati realizzati con un tocco di modernità e freschezza, opera così grandiosa da meritarle il terzo Oscar. Dal 2014 inizia la collaborazione con Wes Anderson, con cui lavora per Grand Budapest Hotel, i cui costumi le hanno fatto ottenere il quarto Oscar. La collaborazione non si è conclusa lì, ma hanno realizzato insieme anche l’ultimo film The French Dispatch (2020), che sarebbe dovuto uscire nelle sale cinematografiche statunitensi il 24 luglio 2020, ma è stato rimandato al 16 ottobre 2020 per la “meravigliosa” pandemia di COVID-19.

Milena Canonero e alcuni dei suoi celebri costumi

In questo excursus sui costumi nella storia del cinema abbiamo cercato di farvi familiarizzare con alcuni dei nomi più importanti, sorti nel contesto italiano, così che poi possiate sì riconoscerne il valore, ma soprattutto iniziare ad approfondire uno scenario vasto e complesso. Un passo successivo può essere il podcast curato da noi di Quarta Parete, con Roberta Torre e uno dei nomi più importanti tra i costumisti italiani di oggi: Massimo Cantini Parrini!

Massimo Cantini Parrini al lavoro sul set di “Pinocchio” di Matteo Garrone, per il quale si è aggiudicato il quarto David di Donatello per i migliori costumi