Scritto da Redazione

Pubblicato il 30/09/2020

Lasciando negli ultimi anni gli schermi cinematografici senza i loro inqualificabili film, inqualificabili perché senza possibilità di catalogarli in generi o tantomeno scuole o stili, i più si sono forse dimenticati che RezzaMastrella non sono soltanto una delle voci più folli e impetuose della scena teatrale, ma sono anche cinema e altro ancora. Negli anni ‘90, assieme agli spettacoli teatrali, realizzano innumerevoli cortometraggi che vengono trasmessi su Blob o Fuori orario, inoltre iniziano a sperimentare sul lungometraggio, vincono premi agli allora per nulla insipidi festival cinematografici di Bellaria e Torino, luoghi in cui il cinema indipendente – indipendente soprattutto dal linguaggio standardizzato di film pronti all’uso e al commercio, cioè al consumo – trovava modo di mostrarsi a un pubblico per nulla pago di quanto offertogli solitamente.

E la critica contro la distribuzione, le logiche esclusivamente commerciali di produttori, distributori e festival sono l’argomento a cui Antonio Rezza, al termine della proiezione del film, dedica più tempo. Racconta che il loro abbandono del cinema per vent’anni – con un paio di eccezioni – lo si deve al fatto che le logiche produttive e distributive ancora in essere sono totalmente respingenti verso il loro modo anarchico e un po’ dada di lavorare, anzi di fare arte come rimarca. Perciò, in questi vent’anni, come autori hanno prodotto, scritto e immaginato film, ma come produttori di se stessi si sono impediti di presentarsi al pubblico tramite festival e distribuzione.

Ora non più, col ritorno nelle Giornate degli autori alla Mostra di Venezia, hanno ripreso a distribuirsi, e lo fanno con Samp. Il protagonista, Samp, è una sorta di sicario incaricato di uccidere pericolose figure come il circolo di comari di Gravina, l’antiquario della città, il figlio di lui oppure una coppia di bambini, uccisi ricordandogli: “Oggi niente scuola. Domani niente catechismo”, per chi è ucciso. Samp potrebbe essere una folle presa in giro dei film d’azione e sparatutto, in cui Rezza con una inconfondibile giacca rosa shocking si aggira fra i vicoli pugliesi e i loro abitanti tirati dentro al film inaspettatamente e più o meno volontariamente. E come nei migliori action è inevitabile la storia d’amore impossibile, in questo caso una donna mai vista e apprezzata soltanto per il molleggiare delle sospensioni dell’auto mentre è appartata col suo uomo. La donna perfetta: “solo ritmo”. L’altro amore, sempre inseguito da Samp, è una donna che pur lasciandosi amare non concederà mai di farsi vedere in volto, per cui Samp rimarrà sempre insoddisfatto. Se si volesse trovare una chiave di lettura culta per entrambi questi amori si potrebbe agganciarli alla tradizione stilnovista, in cui l’amare per ombra, ovvero mai la donna quanto la sua assenza presente in un fantasma, ha trovato voce nelle più alte liriche del periodo. Ma senza perdersi per torte calli, che è sufficiente il film a creare confusione, è meglio menzionare lo zampognaro e il giovane sradicato scozzese. Tutta la vita appare bella al giovane lontano dalla sua patria, finché appunto non incontra lo zampognaro che con la sua cornamusa rimanda il ragazzo alle sue origini facendolo divenire furibondo. Samp, amante della musica, non potrà che cercare di difendere il suo amico zampognaro. 

Il mandante delle stragi commesse da Samp ha nientemeno che la voce di Valerio Mastandrea, che qui appunto si presta in questo esperimento fatto di continui giochi con la macchina da presa: punti di ripresa a dir poco inusitati, definizione lontanissima dal 4k, ridoppiaggi alquanto coraggiosi, parodie degli stilemi del muto, gag sia slapstick che di puro nonsense con l’impronta salace secondo quanto meglio si può attendere da Rezza. Ovviamente non mancano i cammei di Flavia Mastrella, anche vestita a sorta di dea in uno dei suoi inconfondibili drappeggi. Forse l’aspetto più pazzo è dato dallo strano formato, piuttosto sgangherato che hanno le immagini del film. Semplicemente, questo bordo nero attorno all’immagine, non è tanto una vignettatura ma dello scotch di nastro nero messo sull’obiettivo così da poter avere subito immagini in formato cinematografico, in widescreen si direbbe in gergo. 

Il risultato sono quasi un’ora e mezza di incontenibili risate, dove non si vede neppure lontanamente l’omologazione a qualsiasi standard. Certo toccherà cercare questo film tra le nicchie della distribuzione, ma lo sforzo sarà ben ricompensato dalla straripante forza scenica della coppia RezzaMastrella.