Pubblicato il 16/10/2021

Scritto da Francesca Carraro

“Di dove sei?”  Quante volte e quante persone vi hanno posto questa domanda? Probabilmente tantissime. Ma in quanti modi diversi avete risposto? Quante volte avete risposto in maniera specifica, dicendo il nome del paesino di mille abitanti dove siete cresciuti? Quante volte invece avete detto in maniera sbrigativa il nome della città più nota nei dintorni, che fosse Torino, Roma o Padova, per evitare lunghe e noiose spiegazioni geografiche? Ma soprattutto quante volte in base alla vostra risposta il vostro interlocutore ha pensato, erroneamente o meno, di capire qualcosa di voi in base alla risposta?

In Persepolis, la protagonista Marjane nata e cresciuta in Iran viene poi mandata dai genitori a Vienna. Ad un certo punto del film però (piccolo ma innocente spoiler) le viene posta la fatidica domanda: “Da dove vieni?”. Marjane per la prima volta mente, probabilmente non vuole passare i restanti dieci minuti di conversazione col classico sconosciuto, incontrato ad una festa e che non vedrà mai più, ad analizzare la situazione geopolitica del suo paese. In Iran infatti è appena scoppiata l’ennesima guerra, l’ennesima rivoluzione, mentre Marjane è a Vienna a ‘fare la bella vita’ sa che parenti, amici e conoscenti sono in costante pericolo. A Vienna Marjane non si sente a casa: nonostante riesca a crearsi nuovi amici e nuovi legami alla ricerca di una nuova famiglia. Viene a conoscenza della cultura occidentale che le appare così diversa ed all’inizio emozionante, ma che fondamentalmente non le appartiene.  

Ma quanto il luogo in cui siamo nati e cresciuti ci identifica? Se fossimo nati in altre città, altri paesi, altri continenti quanto saremmo diversi da come siamo ora? Quanto il luogo in cui nasciamo e facciamo le prime esperienze di vita influenza ciò che vogliamo diventare?  Marjane torna poi in Iran, a casa: ma anche qui qualcosa non va. Anche qui non si sente parte di qualcosa, non sente di appartenere a quei luoghi che ha abbandonato. Si sente diversa da chi a differenza sua ha deciso di rimanere. Le sembra quasi di fare un passo indietro anziché andare avanti e superare gli anni a Vienna.  Quanto ‘andare via’ ci cambia? Saremmo persone diverse se fossimo rimasti sempre nello stesso posto, avremmo vissuto esperienze diverse? Esperienze migliori o peggiori? Quanto siamo diversi da chi invece ha deciso di rimanere? 

Persepolis è un film di luoghi, è un film in cui c’è una costante ricerca di casa e di un posto nel mondo. Ci insegna anche quanto sia importante rimanere fedeli a se stessi, al proprio bagaglio culturale che, per quanto ci piaccia o no, rimarrà sempre legato al posto in cui siamo nati. Ma soprattutto rimarrà sempre legato ai primi luoghi che abbiamo visto, alle prime esperienze fatte, ai legami che abbiamo stretto.  Uno dei personaggi chiave del film, la nonna della protagonista, dà un consiglio prezioso a Marjane: “Resta sempre integra e coerente con te stessa”.

Legato a questo concetto di integrità c’è sicuramente il non dimenticare le proprie radici e il non vergognarsi dei luoghi che ci hanno reso ciò che siamo. Ma è importante anche ricordare che “casa” può essere qualsiasi luogo, fisico e non, a prescindere dall’esserci nati, averci passato 10 anni o solo pochi mesi. 

So I lose some sales and my boss won’t be happy

But there’s only one thing on my mind

Searching boxes underneath the counter

On a chance that on a tape I’d find

A song for

Someone who needs somewhere

To long for

Homesick

Cause I no longer know

Where home is

Homesick – Kings of convenience