Scritto da Francesca Carraro

Pubblicato il 18/05/2020

Yayoi Kusama all’opera su uno dei suoi “modelli”

Il rapporto che intercorre tra arte figurativa e cinema si è sempre dimostrato particolarmente proficuo e in grado di portare alla realizzazione di capolavori. Sono molto noti, infatti, i tanti film che hanno raccontato le vite e le poetiche di grandi artisti (Frida, La ragazza con l’orecchino di Perla, Big Eyes, At Eternity’s Gate ecc). Meno noti, ma comunque importanti, anche i numerosissimi documentari che hanno cercato negli anni di indagare l’arte di grandi artisti, sia del passato che del presente.

Ma forse una categoria di film legati all’arte contemporanea, di cui ancora non è si parlato abbastanza è quella relativa a film realizzati dagli artisti stessi: sono moltissimi infatti quelli che hanno cercato di sperimentare con il mezzo cinematografico, cercando di trasmettere la propria poetica con questo metodo alternativo alla loro arte.

All’interno di questa particolare categoria di film troviamo il corto  Kusama’s Self-Obliteration, che documenta la poetica dell’artista giapponese Yayoi Kusama. La poliedrica pittrice giapponese è molto nota per il successo delle sue opere sui Social Network e per le sue Infinity Room, stanze ricoperte di specchi che creano effetti ottici ipnotici. Ma molto meno conosciute sono le performance da lei organizzate negli anni ’60, durante le quali si dedicava alla pittura di pois su corpi di ballerini e modelli nudi.

E proprio le sue performance compaiono in questo corto, durante le quali Yayoi Kusama ricopre di pois qualsiasi oggetto, animale e persona riesce a trovare nelle vicinanze. Il suo dipingere i pois, i quali sono diventati emblema della sua arte, permette ai soggetti che vengono dipinti di “tornare alla natura universale”. Dato che per l’artista i pois rappresentano “la circonferenza della terra, del sole, della luna e di qualsiasi altra cosa”, questa azione rappresenta per lei un’unione con l’universo. L’arte di Yayoi Kusama viene definita psicosomatica, in quanto realizzata per esorcizzare il terrore che prova durante le allucinazioni che ha fin da quando è bambina. I pois utilizzati nei suoi quadri e nelle sue performance rappresentano infatti le allucinazioni che abitano la sua mente.

Il corto Kusama’s Self-Obliteration, alterna alle immagini delle performance di Kusama, inquadrature fascinose dei suoi quadri più significativi dell’epoca. Il regista vero e proprio del corto è Jud Yalkult (noto per le sue collaborazioni con Nam June Paik, artista legato alla videoarte) ma il soggetto e le ambientazioni sono frutto della mente di Yayoi Kusama.

Link al corto su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=n6wnhLqJqVE

Caratterizzato da un’estetica caleidoscopica, questo corto mostra un assaggio dello stile di Yayoi Kusama ed è in grado di catapultarci dentro i caotici ambienti delle sue performance (a causa delle quali fu più volte arrestata). Molto anni più tardi, Yayoi si è anche cimentata con la recitazione: risale al 1992 il suo cammeo nel film Tokyo Decadence (Topāzu), adattamento cinematografico del celebre e omonimo libro di Ryu Murakami che è anche regista e sceneggiatore del film. Kusama infatti, dopo aver trascorso gli anni ‘50-’60 negli Stati Uniti, è ritornata nel 1975 in Giappone dove ha stretto amicizie con l’élite culturale del suo paese natale tra cui spicca il noto scrittore. Dal corto Kusama’s Self-Obliteration si riesce a comprendere solo in parte l’estetica unica che caratterizza l’arte di Yayoi Kusama, la quale arte è ricca di sfaccettature e si è sviluppata notevolmente negli ultimi anni.                       

In caso voleste approfondire questa figura iconica dell’arte contemporanea femminile vi consiglio il film documentario Infinity: Kusama, nel quale viene raccontata la poetica di Yayoi, attraverso il racconto della sua travagliata vita.

Frame del cortometraggio “Kusama’s Self-Obliteration