Scritto da Redazione

Pubblicato il 11/08/2020

Lartigue è stato un fotografo, francese. Dagli inizi del ‘900, fin oltre la metà del secolo, ha collezionato migliaia di scatti, principalmente in bianconero. Una carriera così lunga perché così presto iniziata: bisogna infatti immaginarsi il nostro Lartigue come un vivace bambino che – anche grazie alle possibilità economiche familiari – riceve in età da caccia alle lucertole la sua sua prima macchina fotografica. E come applicandosi, ligio al gioco come ogni bambino serio della propria età, ad una caccia alla lucertola o alla farfalla incomincia a catturare sulla pellicola la vita familiare che lo circonda. Scatti perciò sul quotidiano, scatti: rapidi. A catturare una corsa, un momento, un salto, un volazzo… A volte così rapidi da chiedersi se non sia poi la fortuna a determinare l’immagine che sarà poi sviluppata, invece che l’occhio o il dito di chi la esegue; un esecutore quindi ridotto lui stesso a strumento in mano alla fatalità. 

Di Lartigue, in questo periodo, si può godere di un’ampia selezione delle sue fotografie nella mostra allestita ai Tre Oci in Giudecca, a Venezia. La mostra è intitolata Jacques Henri Lartigue. L’invenzione della felicità, ma se come detto è già in dubbio che sia lui l’artefice, l’inventore, dei suoi scatti, come si può addirittura dirlo “l’inventore della felicità”? Ecco, forse occorre chiarire un poco per cosa s’intende col termine inventore, e in definitiva l’inventare.

Si prenda inventare non come la costruzione di qualcosa, ma per come si “riallaccia […] al latino invenire (imbattersi in qualcosa, scegliere), e alla Inventio utilizzata nella retorica classica”, cioè “ associandolo non soltanto al fare ma anche al vedere e al credere” in quanto “inventare sta a significare anche una capacità di ‘far credere’, di interazione con l’altro, fondamento del legame sociale”, ma attenzione: “ Considerare il visibile non nei termini del binomio verità/falsità […] bensì sottolineare la questione della reversibilità del visibile, […] rendere problematico e inevitabilmente indefinito il rapporto tra ciò che si vede e ciò che questo significa, lasciando libero chi guarda di abbandonarsi all’invenzione”.  L’inventore quindi come colui che incontra, s’imbatte, non come un falsificatore o millantatore. In questo è inventore Lartigue, e nel visitare la mostra il pubblico può essere complice in questo gioco inventivo. Le citazioni sono frutto di una “caccia di frodo” dalla postfazione di Paola Di Cori all’edizione italiana di Inventare il quotidiano di Michel de Certeau. Sempre attingendo – inventando si potrebbe quasi dire – da quelle pagine, si può ritenere che non solo per Certeau, ma anche per Lartigue “la parola [invenzione] indica l’affermazione di soggettività”. 

In questo modo si può intendere il suo fotografare: un darci quanto incontra: gli abiti delle signore nei boulevards parigini della tarda belle époque, le macchine come arditi aerei e sfreccianti automobili, gli sport, le vacanze e i viaggi, ma poi ancora la moda – questa volta su set – per le riviste, le scene e i dietro le quinte di film e degli incontri coi suoi colleghi fotografi, le espressioni e le pose delle sue amate. Lartigue, in una scarna tecnica – comunque non priva di sperimentalismo, lo testimoniano alcuni esempi di sovraimpressioni e il suo affinare la corta esposizione – si fa complice della felicità di alcuni momenti riportandoceli in fotografie. In questi scatti, sempre per via del “legame sociale”, della “interazione con l’altro” e della “reversibilità” prima citate, sta a chi guarda riattivare in sé la felicità passata e catturata: il felice colpo al volo sotto rete, il felice star contro vento, il felice salto bambinesco dal relitto di una nave arenata, la felice gonna più leggera che mai in un salto, il felice star sdraiati sulla battigia…

Ma poiché “la felicità non è una cosa allegra”, come ci ricordava Max Ophuls nel suo film Le Plaisir, forse queste felici invenzioni, le fotografie appese in mostra, segnano in chi le guarda quasi una nostalgia, dopo un primo complice sorriso…

La Baule, 1979 photograph by Jacques Henri Lartigue
Maurice Lartigue photograph by Jacques Henri Lartigue
Il-conte Salm durante la finale dei campionati del mondo di tennis, Parigi-8 giugno 1914 photograph by Jacques Henri Lartigue
Richard Avedon, New York 1966
photograph by Jacques Henri Lartigue