Scritto da Francesca Carraro

Pubblicato il 12/06/2020

Come è stato già accennato nell’articolo dedicato a Fan Ho, sul nostro sito vogliamo si riflettere sul cinema ma ci piace anche “allontanarci” di poco e approfondire tematiche che tocchino anche altre arti, in particolare quella forse più vicina al cinema: la fotografia.
All’interno dell’arte fotografica si sono sviluppati numerosi sotto-generi, ognuno dei quali ha modificato il nostro modo di vedere il mondo. Indubbiamente, tra questi, la fotografia di guerra è il sotto-genere che più ha aiutato a comprendere la vera natura dell’uomo.
Sono molti i fotografi che si sono specializzati in questo genere, documentando le varie guerre che hanno sconvolto il mondo: Roger Fenton, Timothy O’Sullivan, Joe Rosenthal e Nick Út, solo per citarne alcuni. Ma il più noto è sicuramente Robert Capa, diventato il vero e proprio simbolo della figura del fotoreporter di guerra. Ma, nonostante la sua immensa bravura, oggi non vogliamo parlare di lui bensì di una figura a lui strettamente connessa e che solo in questi anni sta ottenendo la meritata fama: Gerda Taro.

Gerda Taro


Gerda Taro, nome d’arte di Gerta Pohorylle, fu una delle prime fotografe di guerra e la prima a morire esercitando la sua professione. Documentò la guerra civile spagnola, lavorando sul fronte e stando a stretto contatto con i soldati; ma a causa della sua morta prematura (aveva appena 27 anni) e di numerosi errori di attribuzione il suo destino fu quello dell’anonimato.
Gerda non solo realizzò numerosissimi scatti ma fu lei a creare il “personaggio” di Robert Capa che prima di incontrarla era prosaicamente André Friedman, un semplice fotografo squattrinato che cercava di sbarcare il lunario con lavoretti saltuari. I due iniziarono una relazione e insieme decisero di crearsi pseudonimi e personaggi “fittizi” per poter uscire dalla situazione di povertà in cui si trovavano. I due vivevano infatti a Parigi e venivano discriminati a causa dell’evidente origine straniera dei loro cognomi.
Con la nascita dei due personaggi, Robert Capa e Gerda Taro, iniziarono la documentazione della guerra civile spagnola; i due fotografarono tutto ciò che li circondava: soldati con le fidanzate, civili e in particolare Gerda realizzò numerosi scatti a gruppi di donne armate e di miliziane che si esercitavano a sparare con fucili e revolver sulla spiaggia.

Miliziana che si esercita sulla spiaggia – Foto di Gerda Taro

Queste fotografie divennero un simbolo della rivoluzione mostrando un’immagine della donna in evidente rottura con le tradizioni spagnole ma anche europee. Quando esse vennero pubblicate sulle riviste scatenarono infatti numerose polemiche e vennero addirittura manipolate in base al giornale in cui venivano pubblicate: in alcune riviste, infatti, le donne vennero etichettate con assassine o prostitute. Nelle riviste conservatrici e fasciste inoltre queste fotografie vennero utilizzate per attaccare la debolezza dell’esercito repubblicano.
Ma se le fotografie di Gerda suscitarono così tante reazioni come mai per anni rimase nell’ombra?
Fu un errore di attribuzione a causare il suo anonimato: infatti, inizialmente, dal momento che fu Robert Capa a insegnarle a fotografare, tutte le foto di entrambi venivano pubblicate con il copyright “Photo Capa” oppure “Capa & Taro”. In seguito, dopo un periodo di crisi fra i due, Gerda iniziò a pubblicare le sue foto con il copyright “Photo Taro” (timbro che aveva già usato in precedenza ma che userà sempre di più). Si creò ancora più confusione in merito all’attribuzione delle foto quando sia Capa e Taro che il fotografo David Seymour, loro amico, iniziarono a fotografare negli stessi luoghi e nello stesso periodo.

Gerda Taro e Robert Capa


Ma fu un altro il motivo per il quale per anni Gerda rimase nell’ombra del suo compagno: la sua morte prematura (a soli 27 anni) durante i combattimenti. Mentre si trovava su una macchina che stava trasportando morti e feriti in ospedale ci fu un incidente che causò la collisione tra la macchina e un carro armato: Gerda cadde violentemente dalla macchina e venne schiacciata dal carro armato. In seguito alla sua morte gradualmente il mondo si dimenticò di lei: basti pensare che negli articoli relativi all’inaugurazione della mostra organizzata per la pubblicazione di Death in
the making
, libro con fotografie sia di Capa che di Gerda, e che Capa dedicò alla compagna, Gerda viene citata come “moglie” di Robert Capa senza precisare che tra le fotografie esposte vi erano anche scatti realizzati da lei. Negli anni successivi, Gerda venne citata solo in relazione al suo ben più celebre compagno e tutte le foto che possedevano il copyright “Photo Taro” vennero attribuite a Robert Capa, rimanendo così nell’ombra del fotoreporter di guerra per eccellenza. Grazie però all’immenso lavoro della studiosa Irme Schaber, che nel 1994 pubblicò un libro intitolato Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola, fu possibile ricostruire la breve ma intensa vita di questa fotografa.
Per Gerda la macchina fotografica fu contemporaneamente scudo e passaporto, le permise di proteggersi dagli sguardi altrui e anche di accedere a persone e luoghi che per le donne all’epoca erano inaccessibili. La vita di Gerda Taro si basò sul concetto di libertà: la libertà di essere donna, ma anche libertà di corpo e di spirito.

Soldati repubblicani – Foto di Gerda Taro

Ovviamente l’incontro con Robert Capa fu fondamentale per entrambi: mentre Capa insegnò tutto a Gerda, Gerda inventò il personaggio di Capa. Nonostante le loro brevi vite, possiamo dire con certezza che entrambi vissero in maniera profonda la loro esistenza sacrificandosi per combattere ciò che nel mondo a loro non andava bene.
Nel caso voleste approfondire la figura di Gerda Taro, oltre al già citato libro di Irme Schaber, nel 2017 è stato pubblicato La ragazza con la Leica di Helena Janeczek, che racconta la biografia romanzata di Gerda, utilizzando spesso il punto di vista di persone a lei vicine.
Per i fan della musica indie,consiglio l’ascolto della splendida canzone degli Alt-j, Taro, dedicata proprio al ricongiungimento dei due fotografi.

Three ten
Pm Capa pends death, quivers, last rattles, last chokes
All colors and cares glaze to grey
Shriveled and stricken to dots
The left hand grasps what the body grasps not oh, oh
Le photographie est mort
Three point one four one five, alive no longer my amour
Faded for home May of ’54
Doors open like arms, my love
Painless with a great closeness
To Capa, to Capa Capa dark after nothing, re-united with his leg
And with you Taro